Non è chiaro quanto fosse concreta dieci giorni fa la minaccia di una sollevazione in Cisgiordania contro l’Autorità nazionale palestinese (Anp) che con il suo leader Abu Mazen si preparava a tenere un summit ad Amman con Joe Biden che appena qualche ora prima aveva promesso a Israele l’assistenza americana per condurre le sue devastanti operazioni militari contro Gaza (7mila morti fino ad oggi). Ma deve essere apparsa abbastanza reale visto il rientro precipitoso di Abu Mazen dalla Giordania. In quei giorni il presidente dell’Anp ha anche annullato, perché «inopportuno», un colloquio telefonico con Biden e ha fatto eliminare una notizia dall’agenzia Wafa in cui criticava Hamas per l’attacco lanciato nel sud di Israele il 7 ottobre.

«Ha fatto bene il presidente, deve stare lontano dai leader occidentali e dalla loro ipocrisia, ora c’è solo Gaza e l’aggressione israeliana che sta uccidendo uomini, donne e bambini» ci dice R.H, simpatizzante del partito Fatah e membro di una associazione professionale in Cisgiordania, chiedendoci di non rivelare la sua identità. Richiesta frequente in questi giorni perché la gente ha paura: di Israele, dell’Anp e anche dei giornalisti occidentali accusati di dare nei loro paesi una immagine distorta dei palestinesi e delle loro rivendicazioni storiche. Il nostro interlocutore è convinto che Abu Mazen, avendo scelto una linea più ferma nei confronti di Israele e degli Usa, sia riuscito a «tamponare le contestazioni e a stabilizzare la posizione dell’Anp». Un giudizio ottimista.

L’Autorità nazionale invece continua a vacillare sotto la pressione della guerra lanciata da Israele contro Hamas a Gaza. Anche se non appare sul punto di crollare. A puntellarla sono state le indiscrezioni sul secco «no» che Abu Mazen avrebbe detto agli Stati uniti riguardo a un  possibile rientro a Gaza da cui l’Anp fu cacciata nel 2007 da Hamas al culmine di uno scontro feroce tra le due parti. Israele ribadisce di voler distruggere il movimento islamico e la sua struttura militare e politica.

Il presidente palestinese avrebbe chiarito ad alcuni funzionari Usa che l’Anp tornerà a Gaza solo nel quadro di iniziativa che preveda negoziati per la nascita di uno Stato palestinese indipendente. E non sui carri armati israeliani. In ogni caso, il premier israeliano Benyamin Netanyahu non ha mai detto di gradire il rientro dell’Anp a Gaza. Al contrario, vorrebbe escluderlo vista la natura ultranazionalista e religiosa del suo esecutivo e l’intenzione di Abu Mazen di rimettere il file dello Stato di Palestina sui tavoli della diplomazia. Gli Usa però vogliono una proposta di soluzione e Netanyahu non sa cosa rispondere. Peraltro il movimento dei coloni israeliani, importante per il suo governo, accarezza l’idea di ricostruire a Gaza gli insediamenti ebraici evacuati nel 2005 dal premier scomparso Ariel Sharon.

L’Anp si è stabilizzata in parte ma ciò non significa che stia riguadagnando consensi. «Hamas conquista nuovo terreno in Cisgiordania» spiega l’analista di Ramallah, Jamal Zakout «l’Anp  – prevede – dovrà lottare per riavere e solo in parte le simpatie della popolazione palestinese. Potrà raccogliere qualche risultato se si terrà a distanza da Israele e Usa». Abu Mazen, aggiunge Zakout, «ha scommesso sulla nascita dello Stato di Palestina nei Territori occupati (Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, ndr) con l’aiuto dell’Occidente che invece sta dalla parte di Israele e in questi giorni si preoccupa poco del sangue versato dai palestinesi e delle loro sofferenze. Da qui la rabbia popolare contro di lui e l’Anp ritenuta assimilata, specie in materia di sicurezza, al sistema di Israele».

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L’ex premier palestinese Salam Fayyad, già funzionario del Fondo monetario internazionale, ha scritto su Foreign Affairs che la migliore soluzione per l’Anp è una sua «totale riconfigurazione» con l’obiettivo di rilanciare la soluzione dello Stato indipendente con l’appoggio arabo. Più di tutto ha chiesto che l’Anp e l’Olp si allarghino in modo da includere le fazioni islamiste Hamas e Jihad, scelta inevitabile poiché sono due forze popolari tra i palestinesi. Ma, ha aggiunto, non dovranno rinunciare al negoziato per una soluzione di compromesso del conflitto. L’ipotesi convince solo in parte Jamal Zakout. «Occorre allargare Olp e Anp ma più di tutto, e con urgenza, formare un esecutivo palestinese di unità nazionale. Non serve pensare ora alle soluzioni interne del futuro. Dobbiamo essere tutti uniti e solidali di fronte all’aggressione israeliana a Gaza e al massacro della nostra gente».