Animo Chen, il tratto poetico
Intervista Il fumettista taiwanese presenta il suo libro a fumetti «Una breve elegia», edito in Italia da Add
Intervista Il fumettista taiwanese presenta il suo libro a fumetti «Una breve elegia», edito in Italia da Add
Una mostra al Mao di Torino e il lancio del suo libro a fumetti Una breve elegia (add editore, traduzione Martina Caschera) a Lucca Comics & Games confermano che l’attenzione per l’artista taiwanese Animo Chen, già vincitore nel 2020 del premio BRAW del Bologna Children Book Fair per la categoria comics-young adult, è ben riposta. Nel 2021 la fiera bolognese gli ha assegnato di nuovo un premio per la categoria poesia e per il libro Love Letters, non ancora pubblicato in Italia, dal quale sono tratte alcune tavole mozzafiato in mostra a Torino. I racconti di Animo Chen sfuggono a facili definizioni: i tre compresi in Una breve elegia possono essere definiti fumetti poiché hanno vignette e sequenze e una messa in pagina che alterna sequenze a splash page, ma Love letters è una poesia illustrata, dove testo e immagine si compenetrano in un percorso visivo che contiene una struggente dichiarazione d’amore. Poco importa etichettare l’appartenenza di questi lavori a un genere o a un filone: i suoi lavori toccano temi universali come tempo, memoria, persistenza e perdita, facendo leva su una visione e una resa estetica del tutto innovative, a tratti spiazzanti. Ne abbiamo parlato con l’autore a Lucca.
«Una breve elegia» racchiude tre storie accomunate dal tema della morte, ma in ognuna di esse si racconta un tipo diverso di perdita. Da dove provengono questi racconti?
Queste storie mi accompagnano da molto tempo, sono ispirate a esperienze vissute e abitavano in me come piccoli film; poi ho notato che avevano un importante tema in comune e per questo ho deciso di riunirle sotto questo titolo. Non so perché mi siano rimaste queste più in testa di altre, ma il pensiero e la riflessione sulla morte mi interessano molto.
Un importante autore italiano ieri mi faceva notare che per quanto la morte sia un’esperienza universale, nessuno riesce ad abituarsi alla sua idea. Questo paradosso esiste anche nelle tue storie?
Per me esiste una grande morte e una piccola morte. La grande morte è quella alla quale ci avviciniamo ogni giorno vivendo e che tutti raggiungeremo; le piccole morti sono quelle che possiamo sperimentare quotidianamente. Per esempio Il nastro, la terza storia, riguarda la delusione amorosa, che genera uno stato d’animo così triste e angosciante da non essere dissimile da un lutto, una circostanza che ci cambia radicalmente. Dopo l’abbandono o la fine di un amore continuiamo a vivere e ogni giorno ci incamminiamo verso la morte grande.
In «Zanzare comuni», la seconda storia, vi è però anche uno spiccato senso di attaccamento alla vita, condiviso tra il personaggio della madre umana e della madre zanzara.
Infatti, nonostante mi piaccia affrontare il tema della morte, i miei racconti cercano di focalizzarsi sulla vita e su chi rimane.
Poco fa accennavi alla matrice personale delle storie che hai disegnato. C’è una postfazione nel libro che ripercorre queste esperienze ed è singolare, perché nei tuoi fumetti non ci sono quasi parole, ma spesso il tuo lavoro viene definito poetico. Come hai preso la decisione di scrivere e utilizzare il testo?
Il testo è stato aggiunto dopo, per completare il libro. A Taiwan ho vinto un premio di letteratura con questo libro, che è invece un lavoro illustrato, come hai notato, con molte poche parole. Gli altri vincitori avevano presentato libri di narrativa. Il premio proveniva da una categoria alla quale il libro formalmente non appartiene, eppure è stato considerato a tutti gli effetti un libro di letteratura.
Stai mettendo in discussione i generi?
Categorizzare la letteratura è un approccio un po’ sterile, credo che molte opere abbiano caratteri trasversali, quindi credo che sia un bene che a volte appaia un premio a un libro illustrato in mezzo ai romanzi.
Un altro tema che attraversa il tuo lavoro è il tempo. Nel terzo racconto, «Il nastro» sembra che anche la perdita di un oggetto possa incidere sullo scorrere del tempo. Si tratta di una metafora?
Sì, in realtà quel nastro è l’arma del delitto; la delusione amorosa è paragonabile a un omicidio. Ricevere un rifiuto è come morire pugnalati. Il nastro è come il sentimento di mancanza che si trasforma in forma, nel pensiero continuo dell’altro, nei ricordi di quello che si è vissuto con la persona amata. Dal punto di vista sentimentale è l’arma che strozza la persona abbandonata. Avendo poche parole, è normale che ogni lettore interpreti i racconti e gli elementi come vuole.
Una parte di questa storia è ambientata in una città europea, potrebbe essere Praga, dove hai svolto parte dei tuoi studi?
La protagonista di questo racconto doveva viaggiare. Ho vissuto a Praga e mi è sembrata una buona idea ambientare lì parte del racconto. Cercavo un’ambientazione familiare e in questo caso, a differenza degli altri due, ho usato solo i miei ricordi. Negli altri racconti invece ho sovrapposto ricordi con materiale fotografico.
Quale aspetto dei tuoi anni di formazione in Europa ricordi meglio?
Nel corso di studi le barriere linguistiche imponevano di esprimersi disegnando. Ricordo che era un po’ inquietante il fatto che i docenti riuscissero a capire e entrare nel nostro immaginario solo guardando i nostri scarabocchi. Questo mi ha fatto molto riflettere sul bisogno di onestà da parte dell’artista.
«Love letters» è un lungo «fumetto di poesia», trasformato in un cortometraggio animato reperibile in rete; questa lettera è un percorso che porta a una dichiarazione, come se l’innamorato che confessa i propri sentimenti avesse affrontato un lungo viaggio scandito dalla presenza di numerosi elementi naturali, in particolare alberi.
Passo molto tempo a casa, ma quando esco cerco di stare il più possibile nel verde, faccio spesso trekking attraversando montagne e arrivando qualche volta fino al mare. Mi piace osservare la natura. Quando sono a casa disegno o leggo. In taiwanese «albero» si pronuncia shu, così come «libro» (shù). Il pensiero che un albero si fosse innamorato di me, fosse cresciuto per poi essere tagliato, lavorato, trasformato, fino ad arrivare tra le mie mani come libro, mi ha affascinato. Quindi questa è una dichiarazione d’amore dell’albero nei miei confronti.
Effettivamente le tavole finali di «Love letters», esposte in mostra a Torino, raccontano parte della vita degli alberi: il taglio, il trasporto, la lavorazione in cartiera, fino alla trasformazione in carta e poi in libro. La lettura è quindi una forma di crescita e d’amore?
Stare nella natura e leggere per me costituiscono un grande conforto. L’idea che i libri che sfoglio siano stati alberi che si sono innamorati di me è estendibile a tutti i lettori: ogni libro, anche il mio, era un albero che un tempo si è innamorato di noi, proprio come quello di Love letters.
Usi una tecnica mista che spesso richiama le texture naturali; come lavori ai tuoi disegni?
Sono molto affascinato dagli effetti dello scorrere del tempo, non solo in natura, ma anche sui manufatti umani, come i muri, o una porta. Mi piace vedere i segni del tempo sugli oggetti; sulle porte si possono vedere gli strati di vernice; mano a mano che passa il tempo, gli strati si aggiungono. Lo scorrere del tempo è come un’artista, modifica la realtà. Questo faccio quando disegno, sovrappongo strati. Il tempo è il mio maestro.
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