Oggi 2 giugno, è la festa della Repubblica fondata sul lavoro, cento delegate e delegati della Fiom, in rappresentanza di tutti gli stabilimenti italiani di Stellantis sono a Parigi sotto la direzione di Poissy per la prima tappa dei “sentieri della dignità”: per il lavoro, il reddito, i diritti.

Il pullman della Fiom in partenza da Torino per Parigi

Siamo dovuti venire in Francia perché con l’azienda in Italia non c’è confronto perché dicono che decidono tutto oltralpe e oltreoceano.
Abbiamo chiesto di dialogare consci che siamo di fronte alle sfide epocali della transizione; e che scontiamo lo svantaggio di anni senza investimenti sull’innovazione di prodotto. Ma ci siamo trovati di fronte a un muro.

Stellantis ha deciso di interrompere il difficile confronto che pur si era aperto durante la pandemia per tutelare la salute dei lavoratori e la sicurezza degli impianti. Dopo di allora, con il cambiamento del management in Italia, le relazioni industriali hanno imboccato un vicolo cieco.

Si può non essere d’accordo su un contratto – come nel caso del Ccls che ancora ci esclude – ma è inaccettabile pensare di poter obbligare i lavoratori ad accompagnare l’eutanasia dell’automotive in Italia.

Settemila uscite in tre anni, continui periodi di cassa integrazione, lavoratori spostati come pacchi da uno stabilimento a un altro, nessun rispetto dei livelli minimi di decenza nella pulizia degli impianti e dei servizi igienici: in sintesi, la ricerca dell’efficienza fatta solo sulla pelle dei lavoratori. Questa è oggi la realtà delle fabbriche Stellantis in Italia.

Noi vogliamo una giusta transizione ecologica e la vogliamo contrattare: noi alla dignità non rinunciamo.

Per questo abbiamo raccolto il messaggio dei lavoratori che hanno scioperato al grido di «dignità» e lo portiamo al quartier generale di Stellantis a Poissy.
Non andiamo a Parigi contro i lavoratori francesi che ci accoglieranno e che ringraziamo, a partire dalla Cgt, ma andiamo di fronte alla direzione di Stellantis per un interesse comune visto che nelle riunioni europee condividiamo il peggioramento complessivo delle condizioni di lavoro.

Andiamo a Parigi per chiedere l’apertura di un confronto con tutti i rappresentanti dei lavoratori in una sede istituzionale perché il futuro di Stellantis non riguarda solo i suoi dipendenti ma anche chi lavora nell’indotto e nei servizi, nella ricerca e nelle università, fino ai trasporti e ai bar vicino gli stabilimenti. E riguarda gli imprenditori delle aziende metalmeccaniche dell’automotive.

Quante persone perderanno il lavoro o non lo troveranno perché produciamo solo 500mila vetture l’anno?

Questa battaglia riguarda tutti, è in gioco una buona parte del futuro industriale ed economico italiano. Per questo chiediamo ai sindaci, ai parlamentari, ai cittadini di camminare insieme a noi, perché i metalmeccanici hanno sempre difeso e rilanciato l’industria nell’interesse generale del nostro Paese.

Siamo consapevoli del valore di Stellantis e per questo non vogliamo perderlo. Avevamo salutato positivamente la fusione perché Fca non aveva le risorse finanziarie per immaginare, ricercare, progettare e produrre la mobilità del futuro.

Oggi, di fronte a una situazione che si sta rivelando drammatica, il nostro obiettivo è un accordo quadro per un piano produttivo che superi il milione di vetture; per evitare che i costi richiedano un’efficienza basata sul peggioramento delle condizioni di lavoro, che non dà futuro alla stessa azienda. Proponiamo a Stellantis di definire insieme un accordo quadro che preveda un piano di missioni produttive con nuovi modelli, lo sviluppo della componentistica, 3.500 assunzioni per recuperare almeno metà delle uscite di questi ultimi tre anni.

Anche il governo italiano, che tanto parla di «interessi nazionali», non può guardare da un’altra parte andando a inaugurare stabilimenti in Francia, ma deve partecipare a un negoziato in Italia mettendo sul piatto risorse condizionate allo sviluppo dell’occupazione e al miglioramento delle condizioni di lavoro: lo abbiamo scritto in una lettera alla presidente del consiglio Meloni e ai ministri competenti per informarli che nel giorno della festa della Repubblica fondata sul lavoro noi siamo a Parigi a rivendicarlo. Ci aspettiamo di essere convocati per una trattativa all’altezza della serietà della situazione presso la presidenza del Consiglio dei ministri, altrimenti andremo noi a Palazzo Chigi. Il tempo degli slogan è finito.
* segretario generale Fiom Cgil