Cultura

America, la narrazione egemonica in affanno

America, la narrazione egemonica in affannoMinneapolis, murale di Xena Goldman, Cadex_Herrera, Greta McLain, Niko Alexander e Pablo Hernande

L'anticipazione Esce oggi nelle librerie «Il ginocchio sul collo» (Donzelli). Il poliziotto che «schiaccia» l’altro, una figura della vittoria della virtù sulla bestia, della civiltà sul «selvaggio». Ma il senso si capovolge: l’animale sta sopra ed è chi calpesta

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 5 novembre 2020

Il 25 maggio 2020 a Minneapolis, Wisconsin, l’agente di polizia Derek Chauvin ha ucciso George Floyd, un uomo afroamericano sospettato di avere usato una banconota falsa da 20 dollari, tenendolo per otto minuti bloccato a terra con un ginocchio sul collo. In quel momento, gli Stati Uniti sono cambiati.

DAL 25 MAGGIO al 25 agosto (il giorno in cui a Kenosha, Michigan, durante le proteste seguite al ferimento ingiustificato di un altro afroamericano, Jacob Blake, il diciassettenne Ken Rittenhouse ha ucciso Joseph Rosenbaum e Anthony Huber) è esploso il più grande movimento di massa della storia degli Stati Uniti: sono scesi in strada tra i 15 e i 26 milioni di persone, in un numero di manifestazioni di protesta stimato fra 4500 e 7750, in 2400 località in tutti gli stati del paese.

Ho passato praticamente tutta la mia vita professionale e politica a conoscere e raccontare la storia e la cultura degli afroamericani e le lotte contro il razzismo. I miei primi articoli sul manifesto, nel lontano 1972, riguardano un’occupazione di terre da parte del movimento dei nativi americani in Colorado e la storia della carcerazione e dei lavori forzati degli afroamericani raccontata dal blues.

Tra gli anni settanta e novanta ho scritto e curato almeno tre libri sulla cultura e l’identità afroamericana. Per un certo tempo, avevo smesso di insegnarla all’università, perché mi sembrava di non avere il diritto di prendere la parola al posto delle persone direttamente colpite. Poi ho capito che se non lo facevo io, che almeno li avevo ascoltati e letti, lo facevano comunque altri spesso con meno conoscenza – tanto più a mano a mano che l’Alabama diventavamo noi.

PERCIÒ, QUESTE MIE PAGINE intrecciano tipi di scrittura e tempi diversi. Da un lato, la scrittura d’intervento: articoli di giornale rivisti, aggiornati, arricchiti con fonti e riferimenti, e pagine scritte per questa occasione, anche qui seguendo lo svolgersi degli eventi. Dall’altro, la scrittura saggistica, il retroterra di storia, letteratura, cinema che aiuta a capire la lunga durata del conflitto e l’impatto che ha sulla cultura e l’immaginazione. Sono scritture distinte logicamente ma non separate: una tragedia di cronaca come l’assassinio di Trayvon Martin evoca Richard Wright o Toni Morrison; ma non è possibile ritornare su Charleston 1822 o Harlem 1943 senza avere in mente Ferguson 2014 o Kenosha 2020.

Tempi diversi, anche qui distinti ma non separati: il tempo della cronaca, reagendo quasi giorno per giorno agli eventi di un’estate che non accenna a finire; il tempo della memoria, per ricordare che il 2020 non è un’esplosione improvvisa, ma una fase nuova di un movimento cresciuto almeno negli ultimi dieci anni, con lo stillicidio quotidiano di uccisioni di polizia che colpiscono soprattutto (ma non solo) le persone non bianche; infine, il tempo della storia, di una resistenza che accompagna e definisce la storia, la geografia e l’immaginazione degli Stati Uniti, dal South Carolina schiavista ai ghetti urbani di New York o Los Angeles (e a Macerata e dintorni italiani), marcando il territorio con immagini e memoriali che congelano una narrazione egemonica sempre più falsa e insopportabile.

IL TEMPO DELLA STORIA e quello della cronaca si sostengono a vicenda: la storia conferisce spessore alla cronaca, la cronaca ribadisce la rilevanza della storia – così come si sostengono a vicenda l’indignazione morale e politica dell’immediato con la conoscenza critica del lungo periodo.

Nel frattempo, prendiamo atto di altri primati americani. La costa del Pacifico va a fuoco; il cielo è rosso e arancione, nella Death Valley sono state registrate le temperature più alte mai riscontrate sulla terra, oltre 54 gradi Celsius, e il negazionismo sul clima è l’ideologia ufficiale del paese. Con oltre 200mila morti per Covid-19, gli Stati Uniti sono il paese più infetto del pianeta.
In queste condizioni, affrontano l’elezione forse più cruciale della loro storia dal tempo di Lincoln: non è in gioco una normale alternanza politica, ma la natura e il futuro stesso di un paese che ha ancora un peso decisivo nel resto del mondo.

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