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Aly Muritiba, la particolare solitudine del Brasile

Aly Muritiba, la particolare solitudine del Brasile

Intervista Il regista racconta «Deserto particular», in controtendenza con buona parte del cinema brasiliano contemporaneo

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 13 gennaio 2024

Ci hanno abituato a storie di estrema violenza i film brasiliani, tra tutti City of God (2002) o Tropa de Elite (2007), siano quelli ambientati nelle favelas, gli horror o quelli legati al traffico di esseri umani, ma qualcosa sta cambiando. I film sull’attivismo Lgbtq+, la resistenza al neoliberismo, la lotta per il riconoscimento dei territori, mostrano un cinema che si è opposto al regime di Bolsonaro, che ha condotto un metodico smantellamento delle voci dissidenti e bloccato finanziamenti a film ritenuti scomodi.

Qualcosa di diverso ora nelle nostre sale ci mostra Deserto particular di Aly Muritiba, già premiato dal pubblico alle Giornate degli Autori di Venezia e scelto a rappresentare il Brasile agli Oscar del 2022 come migliore film straniero. Il deserto di cui parla il regista è piuttosto la solitudine interiore che spinge il protagonista a fare i conti con se stesso, protagonista un poliziotto sospeso dal servizio per avere aggredito una recluta. Quando Sara la ragazza con cui intrattiene una relazione in chat non si fa più sentire, intraprende un viaggio di tremila chilometri verso il nord per andarla a cercare, compiendo una magnifica esplorazionedel suo essere più profondo. Chiediamo al regista alcune coordinate per comprendere meglio il film e il Brasile di oggi.

Il suo film sembra andare controtendenza rispetto ai film brasiliani, si sente lungo tutto lo svolgimento una forte tensione, ma non ci sono le consuete immagini di violenza.
Quando ho fatto il film il mio paese stava vivendo una situazione politica e sociale molto tesa, molto difficile, perché avevamo al potere un presidente fascista e tra la gente la rabbia e la tensione erano molto forti, tra quelli che si identificavano con il fascismo e quelli che lottavano contro il fascismo. Io ho pensato che fare un film violento in quel momento storico non sarebbe stato fare un buon servizio al mio paese. È un film dove c’è molta tensione, ma la violenza non è il risultato di quella tensione. Mi interessava di più fare un film in cui il sentimento vincente sarebbe stato il sentimento dell’amore e della speranza. Per questo mi son allontanato il più possibile dal tipo di cinema violento che si faceva nel mio paese.

Senza raccontare nulla della trama, viene da pensare che il personaggio si vede nell’altra persona come in uno specchio, qualcosa che lo respinge e lo attrae.
I due personaggi del film sono due «tipi» della società brasiliana contemporanea, uno è il rappresentante dei conservatori, fiancheggiatore del fascismo, un poliziotto, cresciuto in una famiglia di poliziotti interiorizzando i valori e i comportamenti dei conservatori più duri. Invece l’altro personaggio che vive nel nordest è un sognatore, un ragazzo che vorrebbe andarsene dal posto in cui vive, sogna l’avventura ed è più in grado di affrontare una trasformazione. Succede che questa energia della trasformazione e dell’avventura, questa energia dell’amore finisce per contagiare l’altro, incapace di cambiare ma che cambia prospettiva quando viene in contatto con l’altro che vive lontano. Quello che vorrei suggerire è che è possibile aprirsi all’altro, se lo si ascolta e lo si guarda in faccia.

Oltre alla distanza di migliaia di chilometri, in cosa consiste la differenza tra il sud e il nord del Brasile?
Il sud è molto molto più conservatore del nord, e la gente del sud che è più bianca, che veniva dall’Europa, soprattutto dalla Polonia e dall’Ucraina, continua ad essere molto più conservatrice, del nord più avanzato, c’è una divisione molto definita. Nel nord l’occupazione è molto antica, iniziata dai portoghesi nel 700 più una componente molto consistente proveniente dall’Africa.

Non è secondaria nel film la presenza della chiesa pentecostale.
I pentecostali sono oggi il 30% della popolazione, ma ci sono molte chiese diverse, in ogni angolo di strada c’è una chiesa con nomi diversi, ma sono tutte pentecostali o neo pentecostali. Si tratta di gente conservatrice. Volevo che il personaggio che vive al nord fosse di una famiglia pentecostale che normalmente non accettano l’omsessualità, il transgender. Ho pensato che avrei potuto parlare di questo argomento attraverso una famiglia appartenente a quella religione. Molti pensano che il Brasile sia un paese molto liberale, con il Carnevale, il samba e tutto il resto, ma siamo anche il paese dove ci sono più omicidi di omosessuali al mondo, il paese più violento nei confronti degli omosessuali, c’è questa contraddizione. Ci sono parecchi film in Brasile su queste tematiche, ma io volevo parlare di una persona appartenente alla societ lgbtq+ ma non vittima della violenza, non volevo fare un altro film di quel tipo. Nella realtà sarebbe stata vittima della violenza, ma io volevo fare un film d’amore con questi personaggi

Come è stato accolta la concessione di papa Francesco sulla benedizione alle coppie irregolari?
In Brasile i cattolici sono molto più liberali degli evangelici, per noi le parole di Papa Francesco sono molto naturali, anche se non per quelli che non professano il cattolicesimo. Quella enunciazione non ha dato vita a nessuna discussione in particolare.

Tornando al discorso sulla violenza so che sta girando per la tv la serie «Ciudade de Deus», basata sul celebre film di Meirelles e Lund . In questo caso sarà stato difficile tenersi lontano dagli scontri.
In realtà c’è violenza come nel film perché è la realtà delle favelas, ma il racconto è più centrato sulla vita della gente della favela, quindi i protagonisti non sono i trafficanti, i criminali, ma come reagisce la gente rispetto ai criminali, alle azioni della polizia. Cambia il punto di vista, non è più quello dei criminali, ma della gente che ora vediamo lottare per i diritti, per la loro vita. Gli interpreti sono quelli rimasti in vita nel film e vediamo cosa succede venti anni dopo.

Durante la presidenza di Bolsonaro il mondo del cinema ha dovuto affrontare grandi problemi di censura. Ora con Lula è cambiato qualcosa?
Tutto è cambiato con Lula. È da un anno che siamo in una nuova era politica nel paese, il cinema sta cambiando in tutto. Con Bolsonaro era paralizzato, adesso registi e registe possono sviluppare i loro progetti senza censura. Durante i due mandati di Lula e il governo di Djelma c’è stata una politica di decentralizzazione della produzione, perchè prima si svolgeva quasi tutta a Rio e San Paolo, mentre ora c’è una numerosaproduzione a Minas Gerais, con cineasti interessanti, molti dal nordeste del Brasile, e proprio adesso anche il nord sta producendo i primi film. Da un anno uno stato molto piccolo del mio paese, da dove provengo, che si chiama Acre ha realizzato il suo primo lungometraggio, bellissimo, che ha vinto al festival di Gramado Noites Alienígenas di Sérgio de Carvalho. questo è un buon esempio di come la politica di decentralizzazione con l’aiuto dello stato, può dare buoni risultati e molti esordienti. Siamo ottimisti sulle prospettive future.

Quindi si notano cambiamenti anche nell’intera società rispetto a tolleranza e diritti?
Per quattro anni abbiamo vissuto un incubo e ora tutto sta cambiando, compresa l’economia, i costumi. Credo che adesso ci saranno leggi per proteggere la gente, le minoranze, i gay, ora c’è una grande preoccupazione del governo nei riguardi dei problemi ambientali. Penso che stiamo entrando in un nuovo periodo politico, sociale, economico.

Stai lavorando a un altro film?
Sto lavorando a un film anche questo film ambientato in una favela, sulla musica funk, un film drammatico su una cantante funk che deve incidere il suo primo disco. In Brasile abbiamo un genere che si chiama «favela movie», si tratta di film molto violenti, io voglio fare un «favela movie» senza violenza.

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