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Alluvioni, Betti: «Eventi estremi tornano dopo intervalli brevi»

Alluvioni, Betti: «Eventi estremi tornano dopo intervalli brevi»

Clima Il meteorologo e climatologo: «Il concetto di 'tempo di ritorno' è inutilizzabile: ciò che dovrebbe accadere una volta ogni 50 o cent’anni, si ripresenta dopo una settimana»

Pubblicato 4 giorni faEdizione del 22 ottobre 2024

«Sono saltate completamente le scale temporali di questi fenomeni climatici. Il concetto di “tempo di ritorno” è diventato praticamente inutilizzabile: possiamo aspettarci che ciò che dovrebbe accadere una volta ogni 50 o cent’anni, torni a presentarsi dopo una settimana» commenta Giulio Betti. In Emilia-Romagna c’è stata la quarta alluvione in un anno e mezzo, la terza un mese dopo le due, assai ravvicinate, del maggio 2023. Betti è un meteorologo e un climatologo che lavora presso l’Istituto di Biometeorologia del Cnr e il Consorzio toscano Lamma: si occupa di previsioni meteorologiche, di ricerca, di reportistica meteo-climatica, supportando anche la Protezione Civile Toscana.

Il climatolo Giulio Betti
Il climatolo Giulio Betti

Nel suo ultimo libro, «Ha sempre fatto caldo!» (Aboca, 2024) confuta le più comode bugie sul cambiamento climatico: è ancora necessario?
È una provocazione, ma c’è ancora chi giustifica ciò che viviamo affermando che ha sempre fatto caldo o che ha sempre fatto freddo o che ha sempre piovuto. La realtà, però, è che siamo ormai in uno stadio climatico caratterizzato da un aumento nella frequenza degli eventi, che spesso hanno anche un’intensità incredibile. Se è vero che ci sono esempi clamorosi di alluvioni devastanti anche in passato, lo è anche che questi erano episodi estremamente rari. Oggi alluvioni di media e grande entità «ritornano» dopo intervalli temporali molto brevi. Non c’è niente di naturale o di normale nell’osservare 4 alluvioni con tempi di ritorno secolari nell’arco di 18 mesi, se non il cambiamento climatico.

Quali sono le possibili cause di queste precipitazioni così intense?
A differenza del passato, dopo l’arrivo della pioggia non segue mai l’aria fredda, che è fondamentale nelle fasi di esaurimento delle perturbazioni. Oggi, invece, la massa d’aria che regala all’Italia piogge che hanno caratteristiche tropicali, non viene mai sostituita. In passato, invece, dopo 3 o 4 giorni di pioggia arrivava quanto meno un po’ di freddo. Questo significa che alla prossima perturbazione le piogge saranno inevitabilmente intense, com’è successo nell’ultimo mese anche in Toscana, con allagamenti nelle province di Pisa e Livorno, per due volte, a distanza di due settimane, causando anche due vittime. Adesso i disagi sono invece al Sud. E periodi così umidi si alterneranno a periodi molto secchi. In Sicilia non pioveva da 8 mesi e adesso l’acqua crea danni e problemi (come a Catania), ma non risolve la siccità.

Che cosa dovrebbe fare l’Italia arrivati a questo punto?
Il nostro è un Paese cronicamente caratterizzato da problemi di gestione del territorio: l’Italia era già in crisi e in difficoltà di fronte agli eventi estremi, che mettevano in luce la fragilità del territorio, deturpato nel Novecento post-bellico anche a causa delle cementificazione, delle scarsa lungimiranza a livello di pianificazione. Il cambiamento climatico diventa un moltiplicatore efficientissimo dei problemi esistenti. Cosa si dovrebbe fare lo si sa da almeno quarant’anni. La scienza detta linee guida consigliate alla politica. I decisori dovrebbero esser grati alla scienza, quando in modo collegiale spiega che il climate change è un problema grosso e invita ad attuare politiche di adattamento e mitigazione. Le risposte però sono molto lente e sarà sempre peggio. Non c’è solo l’Emilia-Romagna: l’Europa centrale è stata devastata dal ciclone Boris, ad agosto era stata alluvionata la Spagna. E poi l’America Centrale. L’Amazzonia, invece, vive una siccità eccezionale.

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