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Alla festa di Meloni la torta è solo per pochi

Alla festa di Meloni la torta è solo per pochiGiorgia Meloni al decennale di Fratelli d'Italia – Foto Ansa

Politica La premier celebra i dieci anni di FdI con una manovra che penalizza chi ha di meno

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 18 dicembre 2022

Capita che la festa per la decima candelina di FdI coincida quasi con il varo della prima finanziaria del governo in cui il partito festeggiato impera. Quale torta migliore della confezione finale della manovra?

Purtroppo l’accordo su molti punti chiave ancora latita, se ne riparlerà stasera e a illustrarli in commissione Bilancio sarà il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in persona. Per ora arriva solo un primo pacchetto di emendamenti, lista alla quale mancano alcuni passaggi essenziali come il tetto oltre il quale sarà obbligatorio affidarsi al Pos, ma è ormai quasi certo che sarà dimezzato rispetto alla prima versione e portato a 30 euro, e l’ulteriore stretta sul reddito di cittadinanza. Il 2023, per i più poveri, sarà un anno con solo 8 lune ma la tentazione di portarle a 7 è forte anche se la scelta è rinviata. Non autorizzano ottimismo alcuno le parole della festeggiata, Giorgia Meloni, dal tripudiante palco di piazza del Popolo: «Si fa la scelta di intervenire sul reddito perché non si vogliono sfruttare i poveri per fare campagna elettorale». Farla bastonandoli e precipitandoli ancora più in basso invece è lecito, anzi lodevole.

LA PRIMA ESIGUA tranche di emendamenti regala ai poveri un innalzamento delle pensioni minime a 600 euro e sarebbe un risultato tangibile, dovuto alle insistenze di Forza Italia e strappato comunque a fatica ieri in Commissione, se non fosse limitato agli over 75, col che viene tagliata fuori una bella fetta di percettori delle pensioni da fame. Fi ha portato a casa anche un risultato più solido, lo slittamento al 31 dicembre della Cilas, la comunicazione asseverata di inizio lavori, necessaria per il bonus 110%. Rientra nel pacchetto azzurro anche la norma «Salva sport», dove per sport si intendono le grandi squadre che potranno saldare i versamenti tributari in 60 rate e con maggiorazione limitata al 3%. In materia di condono, si registra un solo cambiamento: lo slittamento di tre mesi, fino alla fine del prossimo marzo, dello stralcio automatico delle cartelle fino a 1000 euro, che non riguarderà le multe per violazione del codice della strada: decideranno i comuni e in questo caso si applicherà automaticamente solo lo stralcio degli interessi. Non c’è ancora, e probabilmente non ci sarà neanche oggi il «perdono», la cancellazione cioè di alcuni reati tributari. In campo c’è davvero e qualcuno insiste ma Giorgetti assicura che «non ci saranno ulteriori condoni».

C’È POCO D’ALTRO. Oltre a qualche fondo per Sicilia e Calabria, uno sconto del 50% dell’Iva per chi acquista case nelle classi energetiche A e B e una restrizione drastica della platea soggetta alla tassa sugli extraprofitti, che peserà solo su chi ricava almeno il 75% dei profitti dall’energia senza che nel conto dell’imponibile si includano acquisti o cessioni di titoli o azioni. Il grosso dovrebbe arrivare oggi, con i subemendamenti, ma già così l’indirizzo politico del governo è evidente. Sarà pure una manovra fatta solo di segnali ma vanno tutti nella stessa direzione: compiacere il ceto medio, meglio se medio alto, e bastonare le fasce povere che, secondo un’antica tradizione della destra, andavano vellicate per arrivare al potere e poi abbandonate.

DEL RESTO NON SI PUÒ accusare Giorgia Meloni di nascondere le proprie intenzioni. Il discorso di compleanno trasuda una del tutto giustificata soddisfazione. Per ricordare i duri inizi, quando sembrava non esserci alcuna chance per il partito che oggi è primo in Italia e continua a crescere, cita il sempre amato Tolkien: «Certezza di morte, scarse possibilità: cosa stiamo aspettando?». Il partito di margine e nicchia invece è andato molto oltre le più rosee speranze: «All’opzione di guidare un giorno questa nazione forse non ci credevamo nemmeno noi». Ma ora che il miracolo è compiuto il Partito della Rifondazione Missina deve diventare «il Partito Conservatore Europeo». Berlusconi, che non sente i fischi sonori della piazza perché è in collegamento, sponsorizza: «Cara Giorgia, con la tua determinazione riuscirai a compiere quella rivoluzione liberale in cui abbiamo creduto insieme». Salvini fa coro: «C’è stata competizione tra noi? Sì. C’è ancora? No. In Europa, Giorgia, hai fatto più tu in 56 giorni che tanti fanfaroni in anni». Avanti così, sapendo che un Partito conservatore europeo può guardare a Giorgio Almirante e Margaret Thatcher, non al compianto Teodoro Bontempo e al suo elettorato straccione.

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