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Alfano: l’intelligence italiana al top, serve coordinamento Ue

Alfano: l’intelligence italiana al top, serve coordinamento Ue

Allarme dalla Francia per il viaggio di Bergoglio in Africa. Ma è monitorato anche dai satelliti Il ministro dell’Interno Angelino Alfano sostiene che l’intelligence italiana sia all’avanguardia e che i media non dovrebbero enfatizzare un clima di paura e di insicurezza in vista del Giubileo. Il […]

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 24 novembre 2015

Il ministro dell’Interno Angelino Alfano sostiene che l’intelligence italiana sia all’avanguardia e che i media non dovrebbero enfatizzare un clima di paura e di insicurezza in vista del Giubileo. Il responsabile del Viminale dice che ciò che è ancora carente è però lo scambio di informazioni e dati tra i diversi servizi segreti nazionali a livello europeo. E propone, per ovviare al problema, un coordinamento simile a quello adottato tra le varie armi e agenzie italiane con riunioni settimanali al vertice al Viminale per fare il punto e scambiarsi informazioni.

Ciò che ha in mente Alfano – e che ha proposto come modello nel summit di venerdì scorso a Bruxelles, a una settimana dagli attentati di Parigi – è ciò che al Viminale chiamano «Casa», acronimo di Comitato di analisi strategica antiterrorismo. L’idea di condividere obiettivi strategici e informazioni anche molto riservate su dossier specifici, senza che carabinieri, polizia, guardia di finanza o le varie sigle degli 007 Dis, Aise, Aisi perdano di «sovranità» in ognuno dei relativi campi, all’interno o all’esterno dei confini italiani.

La proposta in qualche modo alternativa a quella di Alfano, al vertice dei ministri della Giustizia e degli Interni a Bruxelles, è venuta dal commissario Ue Dimitri Avranopoulos ed è quella di creare una agenzia d’intelligence europea sovranazionale.

In realtà, al di là delle parole con le quali i colleghi del francese Bernard Cazeneuve e del belga Jan Jambon cercano di toglierli dall’imbarazzo delle falle che l’intelligence ha evidenziato in queste ultime settimane – ieri gli 007 francesi hanno lanciato pubblicamente un’allarme per il viaggio di Bergoglio in Africa a ridosso della sua partenza, programmata per mercoledì – già esiste in nuce un sistema europeo di coordinamento delle intelligence nazionali: si chiama, in sigla Eas, ha il suo quartier generale proprio a Bruxelles, alle dirette dipendenze dell’Alto rappresentante della politica estera Federica Mogherini, e si occupa di diplomazia e sicurezza coadiuvato dall’agenzia di intelligence Sitcen attualmente diretta dal finlandese Ikka Salmi con un bilancio annuo di decine di milioni di euro e 160 super agenti, per la maggior parte dislocati nelle varie capitali con contatti permanenti con i locali vertici dell’intelligence e accesso a documenti classificati.

Il Sitcen ha accesso anche ai dati raccolti attraverso la costellazione europea di satelliti Sentinel nel centro di comando Satcen, situato vicino Madrid. La tecnologia utilizzata rende questi sistemi capaci di intercettare conversazioni e dati sui vari device, dai tablet agli smarthphone, monitorare i social network e effettuare controlli fotografici e radar. Da questo punto di vista, forse non casualmente, il paese più monitorato da questo sistema, una sorta di esperimento pilota, è proprio la Repubblica centroafricana dove papa Francesco va a aprire la porta santa del Giubileo per la prima volta nella storia fuori da San Pietro.

Se l’enfasi continua sulla scarsità di coordinamenti dei servizi d’intelligence a livello europeo non è dunque perché nessuno abbia messo mano alla materia. Al di là della automatica resistenza delle intelligence nazionali a proteggere le proprie fonti, esistono però diversità di approcci e di legislazione tra i 28 stati membri, a garanzia della privacy dei propri cittadini.

Anche a livello comunitario, ad esempio, la tracciabilità dei passeggeri negli aeroporti attraverso il Pnr (passager name record), già in vigore in Italia e in un’altra quindicina di stati, è stato approvato come direttiva solo lo scorso 15 luglio dopo essere stato bloccato per quattro anni dal Parlamento europeo e dalla Commissione per le libertà civili, mentre gli Usa reclamavano dalla Ue questa implementazione di monitoraggio dei voli contro i crimini transnazionali dal 2003 (negli Usa, in Australia e Canada esiste da dopo l’11 settembre).

Tramite la Pnr si attua una sorveglianza non solo dei nomi e delle destinazioni dei passeggeri ma dei loro vicini di posto, metodi di pagamento, stato di salute, religione. Dati che vengono conservati 5 anni, su una metodica e una stumentazione uguale a quella della Nsa americana, l’agenzia di spionaggio di massa finita nel mirino di Edward Snowden.

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