Spagna, #Alertafeminista contro gli stupratori: «Siamo qui ad aspettarvi»
Spagna Un tribunale spagnolo scarcera 5 stupratori: «Non fu violenza ma abuso». La risposta delle donne è immediata: #alertafeminista in ogni città contro il «machismo istituzionale». In 24 ore una petizione online, per richiedere il prolungamento della carcerazione preventiva, è stata firmata da oltre un milione di persone
Stuprare una donna non è poi così grave. Se l’hanno già fatto una volta, perché mai dovrebbero rifarlo? Non sono proprio queste le motivazioni che hanno spinto i giudici del tribunale di Navarra – Spagna, Europa, 21esimo secolo – a concedere la libertà provvisoria ai 5 stupratori di Pamplona, a quei bravi ragazzi de «La Manada» (il branco), ma quasi.
IN FONDO IL GUARDIA CIVIL, un poliziotto militare, e i suoi quattro amici erano stati accusati di abuso e non di violenza sessuale nei confronti di una diciassettenne. I video dello stupro, le conversazioni nella chat di Whatsapp per organizzarlo prima e per commentarlo dopo, non sono state considerate delle prove gravi.
Uscire di prigione gli è costato 6mila euro di cauzione, la sospensione del passaporto, l’obbligo 3 volte alla settimana di firma, ma non avranno questo disturbo nel weekend, e la ristrettezza di non potersi recare a Madrid dove risiede la ragazza che hanno violentato. Così alla fine sarà lei, la ragazza stuprata, a essere confinata a Madrid, perché se si aggira per la Spagna o qualora volesse andare in gita a Siviglia, dove risiedono i suoi violentatori, potrebbe incontrarli. Ma questo deve essere sembrato ai solerti giudici, un effetto secondario trascurabile. Devono aver pensato che la sicurezza può comunque essere garantita attraverso l’adozione di misure meno onerose del prolungamento del carcere preventivo. Anche se la regola generale, in Spagna, è che un detenuto viene trattenuto in custodia almeno fino al compimento della metà della pena, anche se il giudizio è stato impugnato, in attesa della sentenza definitiva.
La condanna a 9 anni di prigione è già notevolmente ridotta rispetto ai 22 anni inizialmente richiesti dall’accusa, quando sono stati trattenuti in prigione temendo una possibile fuga. E poi tutti e tutte conoscono le facce degli accusati e questo dovrebbe bastare ad evitare una reiterazione del crimine. Quei giudici distratti dimenticano che proprio quattro di quei bravi ragazzi sono indagati sempre per una aggressione sessuale avvenuta a Cordoba, che non è una città di un altro sistema solare.
O MEGLIO NON DIMENTICANO, ma pensano che non ci siano ancora elementi validi per individuare un qualche nesso tra i due crimini. Stupefazione per cotanto garantismo. Che si applica in questo caso e non in altri. Non nel caso del rapper di Mallorca, Valtònyc, condannato a 3 anni e 6 mesi di carcere per ingiurie e calunnie gravi nei confronti della famiglia reale, né in altri più noti casi di reati di opinione o di quei reati inventati con la Ley Mordaza, la legge di sicurezza cittadina voluta dal governo Rajoy, che imbavaglia da anni la Spagna.
E allora, indignazione e vergogna indescrivibile. Un tribunale che potendo scegliere tra violenza e abuso, ha scelto per il meno grave: l’abuso. E poi nello scegliere tra prolungare i termini di carcerazione preventiva e libertà, ha scelto di mandare 5 stupratori a zonzo. Certo non sono state decisioni prese all’unanimità, uno dei 3 giudici non era d’accordo, ma tant’è.
LA LIBERAZIONE DE LA MANADA manda un messaggio esplicito proprio a ridosso della festa di san Fermín, il prossimo 8 luglio a Pamplona: maschi, in branco e non, violentate senza indugio e voi femmine violentate non denunciate, tanto nessuno vi crederà. Ma la reazione è stata immediata.
È scattata l’alerta feminista per tutta la Spagna, ovunque convocate manifestazioni e centinaia di presidi contro quella che viene accreditata come giustizia patriarcale.
In poco più di 24 ore una petizione online, per richiedere il prolungamento della carcerazione preventiva, è stata firmata da oltre un milione di persone. Concentrazioni anche a Buenos Aires, di fronte al consolato spagnolo, e a Londra, Bruxelles, Monaco, Berlino contro questa giustizia spagnola che protegge gli aggressori e che vuole proteggere il proprio machismo istituzionale, quello che le donne stanno facendo traballare mettendolo costantemente in discussione.
Quello spagnolo è un sistema giudiziario che non è ancora riuscito a riformare le proprie leggi a quanto indicato dalla Convenzione di Istanbul, è ancora oggi un sistema stridente con la società, una realtà che deve essere abbattuta con riforme mentali, come sottolineato dalla ministra della giustizia Dolores Delgado.
IL GOVERNO DI PEDRO SÁNCHEZ, quel governo fatto più di femmine ministre in dicasteri strategici che di maschi, governo che vuole introdurre una giustizia con una prospettiva di genere, governo che ha preso nota dell’esistenza di un ampio movimento femminista, ora deve iniziare a dare risposte a tutte le rivendicazioni che sono sul tavolo, se non vuole restare solamente sul troppo comodo piano simbolico.
Di fronte a questa sentenza il governo, un po’ titubante, sta prendendo in considerazione l’utilizzo dei servizi legali dello stato «come parte della difesa delle vittime» di una violenza sessuale. Cioè sta pensando di utilizzare avvocati dello stato nei casi di abuso e aggressione sessuale. Non può bastare. Le donne in questi ultimi due giorni in Spagna stanno dicendo ai signori magistrati: abbiamo ricevuto forte e chiaro il vostro messaggio. Ora voi ascoltate il nostro: se i violentatori tornano in strada troveranno le donne ad aspettarli.
Andrà male perché le femministe e le donne non sono più disposte a tornare indietro e sono milioni. I violentatori di Pamplona sono 5.
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