L’appuntamento di metà festival, di solito nel Palazzo del cinema, quest’anno è stato spostato all’aperto, sulla spiaggia dell’Excelsior per rispettare le norme di sicurezza. Insieme al direttore della Mostra, Alberto Barbera, c’è il presidente della Biennale Roberto Cicutto, per lui è stato un esordio e certo non facile, organizzare la Mostra con la pandemia e in tempi brevissimi. Per questo ci tiene a ringraziare la struttura della Biennale – «Se non avessi trovato una struttura solida non saremmo qua». E aggiunge: «È anche assurdo paragonare questa Mostra alle altre sul glamour, le star o il marketing che sappiamo essere importante, negli ultimi anni molti film iniziavano qui la loro corsa agli Oscar». Ma questa, appunto, non è una edizione qualsiasi, è quella del Covid-19, e la Mostra di Venezia è il primo grande festival in presenza dopo mesi di chiusura. Non si può mettere da parte. Perché quanto accaduto ha condizionato le assenze e le presenze, il mercato che ha rimandato i film, le major e le piattaforme che hanno rifiutato qualsiasi proiezione in presenza. Barbera lo ricorda, e al tempo stesso ci tiene a sostenere le proprie scelte artistiche coi film selezionati.

SE PIACCIONO o no riguarda il lavoro critico che invece deve sentirsi libero. A chi come «Variety» lo critica (un articolo apparso ieri) invece perché nella giuria non ci sono neri qui ci tiene a ricordare le regole che controllano gli spostamenti nel mondo, le quarantene, gli impegni. «Credo poi che si deve fare attenzione a questa logica della rappresentatività, può diventare soffocante» dice. Del futuro come nomine per ora non si fa menzione, Cicutto preferisce parlare della Biennale intera: «Vorrei che le sei arti lavorassero ancora più insieme, in un confronto che includa anche i patrimoni dell’Archivio – Asac».