Albania migrante, tutti sognano la fuga
Balcani Per tanti rifugiati il Paese resta punto di transito inevitabile sulla rotta balcanica, una tappa senza servizi né centri di accoglienza. Ma è anche Paese di partenza: gli albanesi continuano ad andarsene, sperando in una vita migliore in Europa
Balcani Per tanti rifugiati il Paese resta punto di transito inevitabile sulla rotta balcanica, una tappa senza servizi né centri di accoglienza. Ma è anche Paese di partenza: gli albanesi continuano ad andarsene, sperando in una vita migliore in Europa
Avvocati e operatori di associazioni come Asgi, Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione, Lungo la rotta Balcanica e SOS Diritti di Venezia, tutti parte della rete Network Porti Adriatici, sono partiti per vedere con i loro occhi, per sentire con le loro orecchie e soprattutto per percepire, direttamente, quello che avviene in Albania rispetto alle rotte migratorie e ai respingimenti attuati sia dalle varie polizie nazionali sia da Frontex, l’agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera.
«NEL CORSO del 2020-2021, nell’ambito delle attività di approfondimento e di monitoraggio che portiamo avanti ai confini interni, ai porti adriatici e lungo la rotta balcanica – raccontano Anna Brambilla e Erminia Rizzi, di Asgi – abbiamo avuto la percezione, dalle testimonianze di molti migranti arrivati in Italia dall’Albania e da altri Paesi dell’area balcanica, che i transiti da questo Paese stessero aumentando. Questa percezione sembrava confermata anche dalle notizie dell’arrivo di migranti con piccole imbarcazioni sulla costa pugliese. L’Albania è inoltre stato il primo Paese terzo in cui Frontex ha avviato operazioni finalizzate anche al controllo dei confini. Da cui il nostro viaggio, ai confini e nei porti: Tirana, Durazzo, Valona ma anche Korce, Girocastro, l’Albania del Nord, Scutari e ai confini con il Montenegno». La delegazione ha incontrato referenti istituzionali e rappresentanti di ong locali.
I MIGRANTI CI SONO ma si vedono poco, perché sono per lo più in transito. È il primo aspetto che colpisce: in Albania (a parte Durazzo e il confine con il Montenegro) non si ha la percezione della presenza di migranti come avviene invece in Bosnia, a Ventimiglia o in altri luoghi dove le persone si vedono, tante, e hanno luoghi specifici dove sostare. In Albania i migranti sono per lo più in transito, arrivano ma mirano ad andare altrove. In fretta.
«Il transito è rapido e sotto traccia perché sia la polizia albanese che Frontex intervengono, nei confronti dei migranti, come si addice a un Paese filtro, che mira a entrare in Europa attraverso una procedura di pre-screening abbastanza simile a quella che viene svolta in altri punti di frontiera – racconta l’avvocata Anna Brambilla – Si valuta la posizione della persona e la si fa accedere se presenta la volontà e i requisiti per chiedere la protezione internazionale. Altrimenti riceve l’ordine di lasciare il territorio o viene respinta verso la Grecia».
«I numeri riportano dati maggiori della percezione che si ha alle frontiere e ai porti e mostrano una tendenziale trasformazione del fenomeno – precisa Erminia Rizzi, operatrice legale in diritto dell’immigrazione e asilo – Seimila persone nel 2020 secondo l’Unhcr, 11mila secondo le ong. Sempre l’Unhcr, dal primo gennaio 2021 a maggio, ha registrato 2.542 arrivi ma solo 40 domande di asilo, con un tendenziale aumento del divario tra arrivi e domande registrate».
Il compito delle associazioni e delle realtà che possono intervenire nella fase di pre-screening della polizia appare essere prettamente di tipo umanitario: offrono beni di prima necessità e sostegno sociale ai migranti in transito. Nulla più.
Anche perché, da quanto verificato con le ong del territorio, «mancano i servizi, i luoghi per accogliere eventuali soggetti vulnerabili come i minori non accompagnati (sono quasi inesistenti le strutture per poterli tenere separati dagli adulti) e le vittime di tratta». I fondi in generale sono pochi e gestiti principalmente attraverso Oim e Unhcr.
A COMPLICARE il tutto una legge che, pur essendo finalizzata a contrastare il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, colpisce coloro che portano solidarietà ai migranti.
L’Albania è, di fatto, una terra di migranti che partono e tornano, perché respinti o perché arrivano nel Paese, in un modo o nell’altro, alla fine del loro progetto migratorio. Questo aspetto viene rimarcato nel racconto delle istituzioni e delle ong locali incontrate: l’Albania è ancora una terra di emigrazione, soprattutto dal nord (ma non solo) tanto che sono in atto diverse campagne di informazione per i giovani e le famiglie per contrastare la tratta dei minori.
Brambilla e Rizzi raccontano di emigranti albanesi di ritorno, di interi nuclei familiari rimpatriati da Francia, Germania e Olanda e di minori che partono per cercare di migliorare le condizioni di vita anche della loro famiglia.
«C’È POI UNA NUOVA LEGGE sull’asilo che riprende in alcune parti le procedure di accesso delle leggi europee ma la distanza tra il formale e il reale è tanta. Tutto è molto acerbo e soprattutto misto. Coesistono migranti di passaggio, fenomeni di tratta, emigrazione, rimpatrio di albanesi da paesi dell’Unione europea».
Il tutto in un Paese cosparso di bunker, costruiti per difendersi da attacchi via mare e terra. Dove si fatica ancora a raccontare tutto quello che si vede, e si vive. Un Paese dove non ci sono quasi attivisti che difendono i diritti delle persone, residenti e non. E dove tutto è organizzato per compartimenti stagni.
I migranti sono strattonati tra il sogno europeo e la Turchia. Il rapporto con la Turchia è un altro elemento di non poco conto. Un rapporto forte, culturalmente ed economicamente. Basti pensare che la lingua turca è insegnata in molte scuole e diviene la seconda lingua per molti albanesi. E che la Turchia sta finanziando molte moschee nel Nord dell’Albania. «Della tensione, tra queste due spinte contrapposte, non si può non tenere conto».
Intanto nei porti italiani di Ancona e Bari sbarcano – e vengono respinti – siriani, afghani, marocchini, curdi di Turchia, provenienti soprattutto dalla Grecia. A Brindisi, nel 2020, i dati evidenziano invece che si tratta per lo più di cittadini albanesi.
Le due rappresentanti di Asgi sono tornate riportando sensazioni contrapposte. «In occasione degli incontri formali non sono state espresse critiche ma in occasione dei momenti informali sono emerse posizioni più sfaccettate. Nessuno sembra opporsi all’uso dei container per alloggiare i migranti fermati nelle aree di frontiera ma dalle chiacchierate con gli anziani sono emersi sentimenti che dimostravano vicinanza ed empatia, dovuti probabilmente alla condivisione di esperienze nemmeno troppo lontane nel tempo e, in alcuni casi, ancora attuali. Lungo le strade e nei villaggi, l’architettura delle case è il primo segnale di distinzione, di cambiamento: il simbolo delle rimesse arrivate nel Paese, di arricchimento».
CI SONO AGRITURISMI a chilometro zero che offrono ottimi prodotti ai turisti che si affacciano a vedere un Paese molto bello e ospitale, con i titolari che sono stati per anni loro stessi migranti e ora assumono connazionali che possono, con loro, scegliere se stare o andare. C’è la popolazione rom che non è mai stata costretta alla logica del campo.
Un’Albania, insomma, che, nonostante tutto e sempre di più, può offrire ai suoi cittadini, viaggi di andata, con ritorno.
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