Al-Sisi concede la grazia. L’Egitto resta prigioniero
Zaki, finalmente A 24 ore dalla condanna a tre anni di carcere il ricercatore dell’università di Bologna riceve il provvedimento presidenziale
Zaki, finalmente A 24 ore dalla condanna a tre anni di carcere il ricercatore dell’università di Bologna riceve il provvedimento presidenziale
Patrick Zaki ha ricevuto la grazia presidenziale e potrebbe lasciare presto il carcere di Gamasa, dove è stato tradotto martedì dagli agenti dopo aver ascoltato dal giudice del Tribunale d’emergenza di Mansoura una sentenza a tre anni di reclusione. Una decisione che ha da subito innescato prese di posizione contrarie, in Egitto e all’estero, tra politici e organizzazioni dei diritti umani. Tra queste, oltre all’ong con cui il ricercatore collabora, L’Egyptian initiative for personal rights (Eipr), anche una rete di 43 organismi egiziani, arabi e internazionali – tra cui Human Rights watch, Federazione internazionale diritti umani e Amnesty International. Quest’ultima in Italia ha convocato per Zaki una manifestazione nella serata stessa di martedì a piazza del Nettuno, a Bologna, dove la folla ha scandito «Patrick Libero», e un’altra a Roma nel pomeriggio di ieri, per ricordare che sì, è una buona notizia la grazia per Zaki – e per pochi altri, incluso il noto avvocato Muhammad Al Baqer – ma che «non cancella una condanna ingiustificata».
DALL’ITALIA la segretaria del Pd Elly Schlein martedì ha invitato il ministro deEsteri Tajani a «riferire alle Camere» sulla vicenda che, dall’arresto del ricercatore dell’università di Bologna nel 2020, chiama in causa l’Italia e pone il tema delle pressioni per far ripartire il processo per la morte di Giulio Regeni a fronte di una stretta cooperazione in campo commerciale ed energetico. Dalle altre forze politiche – M5S, +Europa, Alleanza Verdi-Sinistra, Azione-Italia Viva – è giunto compatto l’invito a «far sentire la propria voce».
In collegamento con Morning News su Canale 5 direttamente dal centro operativo dell’Unità di crisi della Farnesina, è arrivata la replica di Tajani, che ha assicurato «piena attenzione alla vicenda», per poi rivendicare «il contributo decisivo» del governo di Roma alla grazia giunta infine per Zaki. Tuttavia, a poche ore dalla condanna, già circolavano voci che anticipavano la notizia della grazia tra gli attivisti egiziani più impegnati. D’altronde, come hanno rimarcato le organizzazioni locali, le sentenze emesse dai tribunali d’emergenza necessitano della ratifica del presidente della Repubblica che, ai sensi della Costituzione, può anche optare per il perdono.
CHE LA CONDANNA dunque seguita dalla grazia sia stata una strategia già pianificata tra le stanze dei bottoni del Cairo? Ipotesi difficile da verificare, ma vale la pena evidenziare che la condanna del 32enne, incarcerato per aver denunciato le persecuzioni subite dai cristiani copti in Egitto, ha indotto vari politici, attivisti e ricercatori egiziani ad annunciare pubblicamente la loro uscita dal Dialogo nazionale, ossia quel tavolo di confronto avviato dal governo per discutere con la società civile e i partiti la nuova Strategia sui diritti umani elaborata a fine 2021.
Un documento di facciata per salvare l’immagine dell’esecutivo agli occhi della comunità internazionale ma «privo di miglioramenti reali», come hanno avvertito varie organizzazioni, egiziane e non. Ma al Dialogo stanno partecipando anche nomi illustri dell’attivismo, alcuni dei quali hanno fatto direttamente appello al generale-presidente affinché graziasse Zaki.
UNA PRIMA rassicurazione in questo senso è arrivata martedì stesso dal segretario del Comitato per i diritti umani della Camera dei deputati egiziana Mohamad Aziz, che ha anticipato il ripristino del Comitato perla grazia presidenziale, a cui è seguito l’annuncio del coordinatore generale del Dialogo nazionale Diaa Rashwan di impiegare i poteri dell’organismo per incoraggiare questa ipotesi presso la presidenza. Il nuovo capitolo di questa tortuosa vicenda si conclude con l’annuncio di Aziz sui social, secondo cui la grazia di al-Sisi giunge perché «è stato accolto l’invito del Dialogo». Resta da capire quando Zaki, Al Baqer e gli altri saranno rilasciati, mentre tra i commenti alla dichiarazione di Aziz c’è già chi posta la storia di un altro giovane egiziano che sarebbe stato convocato dalla polizia a giugno, e di cui da allora non si avrebbero notizie. L’ennesimo caso giudiziario tutto da verificare, ma che come la maggior parte dei “nomi non eccellenti” rischia di cadere nell’oblio. *agenzia Dire
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