Al Senato Usa irrompe la protesta pacifista: «Cessate il fuoco»
Stati uniti Attivisti con le mani dipinte di rosso interrompono a più riprese l’intervento di Antony Blinken sugli aiuti a Israele, Kiev, Taiwan
Stati uniti Attivisti con le mani dipinte di rosso interrompono a più riprese l’intervento di Antony Blinken sugli aiuti a Israele, Kiev, Taiwan
Un gruppo di attivisti che chiedevano il cessate il fuoco a Gaza è entrato nelle sale del Congresso e ha interrotto a più riprese la testimonianza del segretario di Stato Antony Blinken durante un’udienza della Commissione del Senato. L’udienza era stata convocata per presentare il pacchetto da oltre 100 miliardi di dollari chiesti dalla Casa bianca per finanziare gli aiuti ad Ucraina e Israele, il sostegno a Taiwan e il rafforzamento della sicurezza al confine.
La polizia ha allontanato uno ad uno gli attivisti; ogni volta che uno di loro veniva scortato fuori, Blinken riprendeva la sua testimonianza, solo per essere interrotto subito dopo. Le telecamere delle reti tv hanno trasmesso in diretta le immagini delle interruzioni, con le persone con le mani alzate e tinte di vernice rossa che venivano portate via dalla sicurezza, e sono diventate rapidamente virali su internet, mostrando la divisione fra la sinistra dem e la Casa bianca sul sostegno dell’amministrazione Biden all’offensiva israeliana su Gaza, che sta creando ben più di un problema anche all’interno degli Stati uniti.
LUNEDÌ l’amministrazione Biden è dovuta intervenire per combattere l’antisemitismo e l’islamofobia nei campus universitari, e per la prima volta il Titolo VI del Civil Rights Act, che vieta la discriminazione sulla base di razza, colore, religione, sesso o origine nazionale, è stato ritoccato per includere l’antisemitismo e l’islamofobia. Precisazione resa necessaria dagli episodi sempre più frequenti che si stanno verificando nei college universitari, diventati i principali centri dell’attivismo sul conflitto fra Israele e Hamas, sfociando anche in episodi preoccupanti. L’ultimo riguarda la Cornell University dove sono arrivate minacce di sparatorie contro gli studenti ebrei, dopo che gli incidenti antisemiti di Harvard, Cooper Union, UPenn e altre università hanno esacerbato le tensioni: si sono visti manifesti dei civili israeliani rapiti strappati o bruciati, e la distribuzione di volantini con i nomi e i volti degli studenti filo-palestinesi.
La redazione consiglia:
L’escalation di guerra un rischio per la rielezione«PARLANDO con una collega di origine ucraina, ho detto che quello che sta accadendo negli Stati uniti mi ha fatto capire che non sono a casa qui – dice Ira, 54 anni, ricercatore all’Università del Connecticut – Sono nato in Israele in una famiglia comunista molto laica. I miei genitori vivono lì, sono pensionati e in questo momento stanno aiutando i palestinesi. Mio fratello è un terapeuta e sta lavorando con i bambini traumatizzati. Io vivo qui da 30 anni, sono diventato cittadino americano. Ho vissuto una vita pensandomi libero, protetto dall’odio in quanto circondato da persone altrettanto libere, ora quello che sta accadendo mi ha fatto capire che quella libertà per me non esiste e che questa non è casa mia, e non lo è neppure quell’altra. Sai cosa mi ha detto la mia amica ucraina? ’Benvenuto nella diaspora’».
LE TENSIONI riguardano anche i luoghi di lavoro dove ci sono stati licenziamenti o persone costrette a dimettersi, altre hanno perso offerte di lavoro a causa delle proprie posizioni. I boicottaggi e le dichiarazioni delle varie aziende, fanno sì che i dipendenti che non si riconoscano nelle posizioni aziendali, si sentano ostracizzate o abbiano timore di ripercussioni professionali, e le organizzazioni di difesa dei diritti civili musulmane ed ebraiche parlano di un picco di segnalazioni di violenze ed intimidazioni.
La guerra ha anche rotto l’equilibrio che aveva portato la sinistra a sostenere Biden con gruppi demografici come quello dei giovani che sono stati un supporto importante per il partito democratico, e che ora non si sentono rappresentanti proprio sul tema che li sta mobilitando.
Un gruppo di ex collaboratori della campagna elettorale della vicepresidente Kamala Harris sta facendo circolare una lettera in cui si definisce «genocida» la campagna di Israele a Gaza e chiede di condannare fermamente e in modo inequivocabile lo sfruttamento da parte del governo israeliano dei propri morti «per avviare una campagna di rappresaglia e genocida contro i civili». La lettera incoraggia anche Harris a sostenere la risoluzione per il cessate il fuoco presentata dalla deputata di sinistra Cori Bush, e «un’inchiesta indipendente sulle violazioni dei diritti umani a Gaza». La lettera arriva poco dopo un’altra simile firmata da ex membri dello staff della senatrice Elizabeth Warren. Una conferma di quanto il conflitto a Gaza rischi di diventare un problema imprevisto per il ticket democratici, tanto che Harris ha dovuto cambiare le tappe del tour dei campus universitari che aveva il fine proprio di cementare il consenso dell’elettorato giovane. Il timore del suo ufficio, ora, è che queste visite siano addirittura controproducenti e generino più proteste che applausi.
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