Europa

Al porto di Barcellona la Proactiva Open Arms con 60 naufraghi

Al porto di Barcellona la Proactiva Open Arms con 60 naufraghi

Migranti Il fondatore di Open Arms Camps: «Non so se il ministro Toninelli può dormire la notte»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 5 luglio 2018

Anche la statua di Cristoforo Colombo, che indica il mare dal porto di Barcellona, ha accolto, a modo suo, i 60 naufraghi portati in salvo da Proactiva Open Arms: con al braccio uno dei giubbotti di salvataggio arancioni della ong spagnola. L’amministrazione cittadina si è coordinata con il governo catalano e con quello spagnolo per allestire il dispositivo che ha accolto i migranti arrivati in porto verso le 11 di ieri mattina.

A terra era pronta un’equipe formata da medici, traduttori, avvocati per accogliere i 50 uomini, 5 donne e 5 minori (tre non accompagnati). Assieme al gruppo, viaggiava una missione di osservazione del Parlamento europeo: gli eurodeputati spagnoli Miguel Urbán (Podemos, nel partito della Sinistra europeo), Ana Miranda (nazionalisti galiziani del BNG, nei Verdi) e Javi López (socialista), più l’italiana Eleonora Forenza (Rifondazione – Potere al popolo, anche lei nella Sinistra).

LA SINDACA ADA COLAU ha tenuto una conferenza stampa con un delegato del governo catalano e una delegata del governo spagnolo, i 4 eurodeputati e Òscar Camps, il bagnino fondatore di Proactiva Open Arms. Le parole e la testimonianza di Camps sono state le più dure, pur mostrando gratitudine per l’accoglienza. «È difficile scendere da una nave umanitaria che salva vite alla quale è stato negato l’accesso da due paesi dell’Ue», ha detto subito.

«QUANDO TI MINACCIANO i libici, ti dicono ti andartene a casa tua, quando un ministro di un governo guida una schiera di fascisti che ti insultano sulle reti sociali, è molto dura prendere decisioni complicate come ha fatto il capitano della nave», ha aggiunto. Per poi scandire: «Nel mare non ci sono migranti: ci sono naviganti e ci sono naufraghi. E noi salviamo i naufraghi». Camps ha un messaggio molto chiaro anche per il ministro dei trasporti Toninelli: «Gli vorrei ricordare che bisogna rispettare le leggi marittime. E a volte bisogna disobbedire gli ordini che non sono legali. Non so se lui può dormire la notte, ma so che molte guardie costiere italiane no».

HA DEFINITO LA GUARDIA costiera libica a cui il governo italiano avrebbe voluto affidare i naufraghi «un gruppo armato senza alcuna intenzione di salvare vite» a cui l’Europa paga 500 milioni di euro «per detenere la gente con la forza».

Commosso, Camps ha ricordato che in questi giorni di navigazione sono morte 200 persone perché il governo di Malta non lascia uscire le navi di salvataggio delle ong sequestrate e il governo italiano non le lascia entrare. «Quel giorno non è che ne abbiamo salvate 60; ne abbiamo lasciate morire 140». Ha paragonato il governo italiano al buttafuori di una discoteca che decidono arbitrariamente chi entra e chi no.

«GRAZIE AL GOVERNO SPAGNOLO: ma era suo dovere accettarci, così come avrebbero dovuto fare Italia e Malta». E ha concluso dicendo di essere molto triste perché «stavamo quasi per salvare centinaia di vite, che sembra importino solo a un gruppo di bagnini con la maglietta grigia [di Open Arms, ndr] e a 50mila donanti. Ma la responsabilità ce l’abbiamo tutti». La sindaca Colau, soddisfatta di essere riuscita a trasformare Barcellona in un porto sicuro: «è in crisi la credibilità del progetto democratico europeo» perché non ci sono altre opzioni a essere «una democrazia impegnata nei diritti umani» o che porta avanti «una politica della morte e della crudeltà».

E HA RICORDATO che, lontani dai riflettori mediatici, nelle ultime due settimane nella capitale catalana sono arrivati in autobus dalla frontiera sud della Spagna 660 persone. Per questo vuole che si destinino alle città i fondi europei per l’asilo e che si cambi l’ingiusta legge per l’immigrazione per permettere alle persone di poter cercare un lavoro.

L’eurodeputata Forenza ha detto di provare «vergogna» per le «politiche di morte» del suo paese. Secondo lei, anche Salvini dovrebbe salire su una di queste navi: «gli sarebbe molto più difficile parlare di pacchia, crociera e porti chiusi dopo averli guardati negli occhi e aver ascoltato le loro storie». E ha concluso: «Mi auguro che gli italiani combattano il protocollo di salvataggio di questo governo e di quello precedente, e che sappiano dire: Not in My Name. Sono crimini contro l’umanità».

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