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Al Parco Verde di Caivano: «Nessuna manutenzione né trasporti. Solo la politica delle passerelle»

Al Parco Verde di Caivano: «Nessuna manutenzione né trasporti. Solo la politica delle passerelle»Giorgia Meloni a Caivano

Dopo gli abusi su due bambine Bruno Mazza: «Abbiamo sette viali con nomi di fiori ma i fiori non ci sono, sembra una presa in giro. Ho visto i bambini fare i miei stessi errori, a 10 anni non riesci a raccontare le difficoltà che vivi osservando tutti i giorni l’illegalità».

Pubblicato circa un anno faEdizione del 3 settembre 2023

Analisi dei cellulari, indagini e verifiche: due procure al lavoro sulla denuncia di stupro ai danni di due cugine di 11 e 13 anni (ma all’epoca dei fatti ne aveva 12) ora in una struttura protetta. Ad abusarle otto minorenni e due maggiorenni. I fatti si sono svolti a Caivano, i protagonisti vengono dal Parco Verde e dal rione chiamato il Bronx. La denuncia le famiglie l’hanno fatta a luglio, poi la notizia è arrivata alla stampa così il Parco Verde è diventato un caso: per la visita della premier Meloni, giovedì, c’erano persino i corrispondenti delle testate straniere. Le vie di accesso alla parrocchia e all’istituto alberghiero erano tirare a lucido, dietro l’angolo tutto era abbandonato, incluse le pensiline per linee di autobus che non passano più. Neppure i sacchi di amianto sono stati tolti: dissotterrati, posti sotto sequestro e lasciati in un’aiuola. Sotto terra avrebbero fatto meno male.

In due anni i Carabinieri hanno fatto 150 arresti nell’ambito della criminalità organizzata legata alla droga ma resistono almeno 4 piazze di spaccio. «Un mese fa ho trovato un ragazzo morto per overdose, perché qua gira ancora l’eroina, all’interno di un’area di 9mila metri quadri, al centro di due grosse piazza di spaccio. Il posto si trova accanto alla chiesa di S. Paolo Apostolo, dove è venuta Meloni. Il parroco dovrebbe cercare di riaprire quell’area verde per evitare che i bambini osservino quotidianamente lo spaccio»: a raccontare è Bruno Mazza, un ex baby boss diventato l’anima e il motore dell’associazione Un’Infanzia da vivere.

«Quel posto si chiama Villa Andersen – prosegue – ma lì le fiabe non le hanno mai viste. Tutti i politici fanno come ha fatto Meloni: vengono per i voti. Nel 2017, grazie al protocollo Terra dei fuochi, abbiamo partecipato al progetto ’Scelgo la strada giusta’: siamo stati capaci di recuperare più pneumatici abbandonati di tutti i comuni del protocollo, così non sono stati usati per alimentare i roghi di rifiuti. Con gli pneumatici abbiamo realizzato un campetto polifunzionale, è venuto l’Esercito a inaugurarlo, è venuta la politica, le istituzioni. Ma non hanno mai messo la luce e l’acqua, i vigili del fuoco l’hanno dichiarato inagibile. Così funziona il rapporto tra il quartiere e lo Stato. Non c’è solo gente che spaccia, ci sono anche tanti che voltano le spalle e, magari, sull’emergenza ci mangiano. Perché poi arrivano i soldi per i progetti speciali che danno stipendi ai colletti bianchi ma non tolgono i ragazzi dalla strada. Sono io però che mi carico i sacchi di siringhe che tolgo dalla villa».

Nel 2008 Bruno ha finito di scontare la sua pena: «Ho visto i bambini del Parco fare le mie stesse cose, a 10 anni non riesci a raccontare le difficoltà che vivi osservando tutti i giorni l’illegalità. Allora ho deciso di fondare una associazione di volontariato: abbiamo recuperato, grazie a Fondazione con il Sud, l’80% delle infrastrutture che prima erano ritrovo per i tossici. Centinaia di bambini possono fare calcio, basket, pallavolo e tennis, abbiamo orti sociali, facciamo falegnameria per farli appassionare, formare. Abbiamo fondato una cooperativa sociale per fare manutenzione nel Rione (che non si fa da trent’anni). Non c’è la raccolta differenziata, non c’è spazzamento delle strade, non c’è cura del verde pubblico. Abbiamo sette viali con nomi di fiore ma i fiori non ci stanno. Sembra una presa per il culo. I ragazzi da noi si divertono ma sanno che ci sono delle regole: devono andare a scuola, devono studiare, si devono comportare bene. Imparano che qua non è più una giungla».

Il presidente dell’Arcigay Napoli, Antonello Sannino: «Sono stato tutta la settimana al Parco Verde, dove gestiamo da alcuni mesi un centro d’ascolto Lgbt+, Codice Rainbow Caivano, nato dopo l’omicidio terribile di Maria Paola Gaglione (a procurare l’incidente mortale il fratello che non accettava la relazione della sorella con un ragazzo trans ndr). Non è vero che la gente non vuole denunciare l’illegalità. C’è paura e c’è rabbia, ma ho visto tanta gente alzare la voce, dire tutte le cose che non vanno, dal filo della luce abusivo piazzato dal fratello del boss all’amianto mai portato via. Le persone nel Parco Verde non hanno alcuna fiducia in questo Stato che arriva, dopo una denuncia di violenza su due ragazzine, e pulisce le sole due strade per portare i politici in chiesa, in un’isoletta protetta che non è il Parco Verde».

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