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Airaudo e la corsa “in comune”

Airaudo e la corsa “in comune”Giorgio Airaudo

Torino Candidato da Sel per sfidare il sindaco Fassino, fino a qui sostenuto: «Il centrosinistra ha fallito, a causa delle politiche del governo che condizionano le amministrazioni. Quando abbiamo deciso di rompere con il Pd, ci hanno offerto il vicesindaco»

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 7 novembre 2015

«Riattraverseremo la città a piedi. La mia sarà una corsa collettiva. Costruiremo qualcosa con tutta la sinistra che sia grado di andare oltre. La sinistra è fondamentale per innescare questo processo, ma se qualcuno spera che ci confiniamo nella ’cosa rossa’, si illude».

Classe 60, torinese, «nato nell’ospedale Maria Vittoria, cresciuto a Lucento Vallette, periferia ovest», ex responsabile auto della Fiom di Landini, oggi deputato indipendente di Sel, Giorgio Airaudo si candida a Torino a sfidare al voto di giugno la corazzata Fassino. Che pure fin qui Sel ha sostenuto.

Torino è la prima città in cui Sel rompe con il centrosinistra.
Qui c’è una condizione di grande unità a sinistra, fra mille esperienze diverse. Ma faremo una coalizione, andremo oltre noi stessi, oltre le forze che in questi anni hanno resistito alla corsa al centro del Pd.

Perché rompete con Fassino? Credete che un sindaco oggi possa davvero fare la differenza?
Bisogna riappropriarsi delle assemblee elettive perché in questi luoghi oggi si certificano decisioni prese altrove. Fassino è una persona per bene, ma poteva e doveva fare di più. In questi anni la città non si è mossa. Avevamo il primato sulla raccolta differenziata, oggi siamo stati superati. Fassino ha accettato di stare nei vincoli europei e in quelli delle politiche nazionali, che applica anche da presidente dell’Anci. Fassino è una vittima del centrosinistra. E il centrosinistra ha fallito: le disuguaglianze ormai sono fortissime. Quest’estate l’ex sindaco Castellani ha scritto: “Abbiamo dimenticato le periferie”. E il vescovo Nosiglia ha parlato di “due Torino”. La formula ’centrosinistra’ non basta a cancellare le diseguaglianze. Non basta ricordare chi sei stato, dire “vengo dal Pci”, “sono stato l’ultimo segretario dei Ds”, se poi non fermi gli sfratti, non recuperi il problema dei quasi 20mila che a primavera perderanno il lavoro nella mia città. Per dire che la gente deve arrangiarsi da sé basta la destra, o un centro indeciso com’è diventato il centrosinistra. Ora serve una sinistra che abbia la forza. Per questo non voglio fare testimonianza ma lanciare un sfida di alternativa. Oggi nei municipi, domani nel paese. Tutti insieme. Per questo voglio fare una scelta “in comune”. Il 14 faremo un’assemblea in un ex vetreria (in Corso regina Margherita, ndr) dove oggi una cooperativa di giovani fa attività culturali e fa da mangiare con i prodotti di recupero, contro lo spreco alimentare. Chiederemo a chi viene di portare qualcosa da mangiare.

Una scampagnata o una suggestione evangelica?
L’origine della parola compagni è nota.

Ha parlato con Fassino?
No. Ma quando ho detto che il centrosinistra a Torino è finito, un alleato di Fassino, dei Moderati, ci ha fatto sapere che se restavamo in coalizione ci davano il posto da vicesindaco. La diseguaglianza non si combatte offrendo una poltrona, peraltro prima delle elezioni.

Lei è un ex Fiom, per questa corsa conta sui suoi compagni?
Dalla Fiom non si esce mai, per me. Io ho sempre contato sui miei compagni, dentro e fuori dalla Fiom. Ho rispetto per i sindacati, innanzitutto per la Fiom, ma questo vuol dire che rispetto la loro autonomia. Chi sceglie di ricostruire un filo di rappresentanza politica che serva anche ai nuovi e vecchi lavoratori, sa che deve farlo da solo.

Ha sentito Landini?
Non ancora. Ma Maurizio è un amico. Non ce n’è bisogno.

Torino è un caposaldo dell’identità della sinistra italiana. Avete un’ispirazione particolare?
Noi abbiamo il compito di innovare senza dimenticare l’insegnamento di tutti quei lavoratori che hanno fatto la sinistra nel Novecento a partire da Torino. Con i loro sacrifici, la loro unità, determinazione e costanza.

Quella Torino operaia non c’è più.
Ce n’è ancora molta, frammentata e divisa, anche perché questo governo ha reso i lavoratori più soli, più deboli sul piano contrattuale. Torino è una città che soffre molto l’emergenza lavoro. Lo scivolamento del ceto medio verso condizioni più deboli riguarda il lavoro dipendente, prevalentemente privato. Per questo la lacerazione in due è evidente.

Alcuni amministratori di Sel non condividono lo strappo con il Pd. E questo potrebbe succedere in altre città. La scelta di lasciare il centrosinistra pagherà? Oppure la pagherete?
Si fa l’assessore per sanare le diseguaglianze. Su questo bisogna misurare il proprio impegno e l’azione di governo. Questo oggi non si può più fare nel recinto del centrosinistra, che ha fallito a causa della crisi ma anche a causa delle politiche del governo che condizionano le amministrazioni. Cercherò di non perdere nessuno, fino all’ultimo minuto e oltre, c’è bisogno di tutti. Ma il punto non sono quelli che hanno ruoli apicali e responsabilità amministrative. Il tema è per chi si governa, con quali risultati. La nostra stella polare sono le persone, i cittadini più deboli. Spero di governare con tanti consiglieri per riuscire a fare quello che con pochi consiglieri fin qui non siamo riusciti a fare.

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