«Ainda estou aqui», la memoria necessaria e le lunghe ombre della dittatura
Venezia 81 Presentato in concorso il nuovo film di Walter Salles. Il racconto del sequestro dell’ex deputato laburista Rubens Paiva, desaparecido
Venezia 81 Presentato in concorso il nuovo film di Walter Salles. Il racconto del sequestro dell’ex deputato laburista Rubens Paiva, desaparecido
Dei regimi militari in Latinoamerica abbiamo una certa conoscenza attraverso i tanti film che in Argentina e Cile hanno compiuto un sistematico lavoro sulla memoria, da Puenzo a Pablo Trapero da Patricio Guzman a Pablo Larrain una produzione che non si arresta se si pensa che Argentina 1985 di Santiago Mitre è solo di due anni fa.
Il film di Walter Salles Ainda estou aqui (Sono ancora qui) in concorso alla Mostra di Venezia ci porta a riflettere su una cinematografia come quella brasiliana che sembra aver elaborato meno degli altri paesi quel ventennio di regime militare (1964-1985) le cui ombre si potevano già indovinare prima e si sono allungate anche negli anni successivi, fino a rendere urgente con la presidenza di Bolsonaro tornare a ricordarli. Motivi di una più scarna produzione sui film che raccontano i tempi della dittatura è stato senz’altro il clima di censura e campagne denigratorie contro film che raccontavano le vicende di militanti comunisti come Marighella di Wagner Moura (2021) sul parlamentare vittima di tortura, quindi il blocco dei finanziamenti a qualunque soggetto considerato non in linea con le direttive governative e la tendenza diffusa nella società a minimizzare i crimini del passato.
ERANO anche gli anni in cui, finita la rivoluzione del Cinema Novo, dettava legge la televisione, con la creazione delle telenovelas (in pieno regime militare l’effervescente Dancing Days inizia le sue quasi duecento puntate nel 1978) e soprattutto con la «pornochanchadas» le commedie erotiche specchio di una società che si voleva euforica e ottimista. Ma non per questo sono mancati i film sui crimini della dittatura, fra tutti Il bacio della donna ragno di Hector Babenco (1985), Cuatro dias de septiembre di Bruno Barreto (1997) sul sequestro dell’ambasciatore americano Charles Burke Elrick.
Un numero considerevole di documentari ha invece raccontato i militanti. Cabra marcado para correr (1984) di Eduardo Coutinho, film sull’operaio comunista Teixera assassinato per ordine dei latifondisti, si iniziò a girare nel ’64, interrotto a causa del golpe e poi ripreso nel 1981. Lucia Murat, cineasta militante del movimento studentesco, lei stessa vittima della dittatura ha realizzato Que bom te ver viva del 1989, storia di quattro donne armate contro il regime militare e A memoria que me contam» (2012), su un gruppo di militanti, Torre de Donzelas (2019) documentario di Susanna Lira fa un bilancio delle lotte da parte di un gruppo di donne a distanza di quarant’anni dal colpo di stato, il documentario di Maria de Medeiros Repare Bem (2013) racconta tre generazioni di donne legate al guerrigliero Eduardo Leite assassinato dal regime nel 1970, Camilo Tavares in O grande Irmao indaga sul coinvolgimento della Cia nell’avvento dei regimi militari in Brasile e Cile.
MENTRE il lavoro sulla memoria è stato inarrestabile in Argentina e in Cile, in Brasile appena adesso è stata appena riattivata «La comision de Muertos y Desaparecidos politicos» creata per identificare e risarcire le vittime della dittatura creata nel 1995 durante il governo Cardoso i cui lavori furono bloccati nel 2022 da Bolsonaro. L’occasione per Walter Salles (il celebre regista di Central do Brasil, I diari della motocicletta) di tornare al cinema dopo almeno dieci anni di assenza e che su Bolsonaro si era espresso pubblicamente già tre anni fa al festival di Cannes, è stata la pubblicazione nel 2015 del libro di Marcelo Rubens Paiva che racconta le vicende del padre arrestato, torturato e a lungo desaparecido e di tutta la sua famiglia uscito in un momento in cui la democrazia vacillava e il clima politico brasiliano sembrava ritornare a quello degli anni Settanta (da segnalare che al festival di Venezia quest’anno è anche programmato Apocalypse in the Tropics di Petra Costa sul potere politico degli evangelici nell’ascesa dell’estrema destra).
Walter Salles in Ainda estou aqui racconta il sequestro nel 1971 dall’ex deputato laburista Rubens Paiva, dal punto di vista della resistenza della moglie (la interpreta Fernanda Torres e nelle ultime scene Fernanda Montenegro) lei stessa sequestrata, che lotta per conoscere la verità sulla sorte del marito e si prende cura della numerosa famiglia sempre vissuta in un clima affetto, di spensieratezza e insieme di impegno politico. Lo stesso regista (classe 1956) racconta di aver frequentato casa Paiva come amico della figlia Nalu e di ricordare la funzione formativa di quell’ambiente così ricco di stimoli culturali.
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