«Ai giudici minorili servono risorse, non leggi inapplicabili»
Intervista «Pochi magistrati e norme che sono solo petizioni di principio. Basta con questa bulimia riformatrice». Parla Cristina Maggia, presidente dell’Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia. «Il decreto Caivano ha riportato in vigore la pena che c’era negli anni Novanta per il piccolo spaccio. L’arresto divenne vietato per i minori perché avremmo riempito le carceri». «La pena mai è stata un deterrente. Non lo è per nessuno, figuriamoci per un adolescente»
Intervista «Pochi magistrati e norme che sono solo petizioni di principio. Basta con questa bulimia riformatrice». Parla Cristina Maggia, presidente dell’Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia. «Il decreto Caivano ha riportato in vigore la pena che c’era negli anni Novanta per il piccolo spaccio. L’arresto divenne vietato per i minori perché avremmo riempito le carceri». «La pena mai è stata un deterrente. Non lo è per nessuno, figuriamoci per un adolescente»
«È facile fare leggi, è molto difficile renderle efficaci e utili». Cristina Maggia, presidente dell’Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia (Aimmf) e presidente del Tribunale per i minorenni di Brescia, fa questo mestiere dal 1993. Ha letto attentamente il testo del decreto Caivano approvato giovedì in Consiglio dei ministri prima di accettare l’intervista. E parte da una premessa: «Siamo un Paese che ne ha a bizzeffe di leggi, mai fatte osservare. Perché poi la mancanza di risorse non permette di rendere effettivi ed esigibili quei diritti che si intende tutelare».
Difficile applicarle?
Veniamo da un anno durissimo in cui è entrata in vigore la legge sul processo civile chiamata Cartabia che ha demolito il sistema minorile civile, che dovrebbe fare prevenzione e tutelare i bambini. Adesso ci viene chiesto di intervenire su tutta una serie di cose che nel 1993 già c’erano. Ricordo che al Tribunale dei minori di Genova arrivavano centinaia di segnalazioni dalla Liguria, dove non ci sono neanche tanti bambini, per inadempienza scolastica. Che noi archiviamo. Perché il numero di giudici era – ed è – troppo contenuto per una competenza distrettuale. In Italia c’è un tribunale per minorenni per ogni regione, tranne alcune eccezioni tipo la Sicilia dove ce ne sono 4, la Campania due, la Lombardia con due a Milano e a Brescia. In ognuno ci sono 5 o 6 giudici, al massimo sono 12. Ecco, queste persone dovrebbero fare civile e penale – perché nel minorile non c’è divisione come per gli adulti -, dovrebbero fare prevenzione, protezione del minore da condotte dannose familiari, e intervenire su tutto il mare magnum di questioni che riguarda i minori. Non mi sto lamentando, sto dicendo che sono proprio petizioni di principio, queste che ci vengono date. Dovrebbero mettere risorse e invece ci vengono continuamente tolte da una bulimia riformatrice di cui io, che sono vecchia, sono esausta. È un continuo adattare il nostro lavoro a riforme che non hanno mai ritenuto necessario approfondire. Ed è un problema politico bipartisan.
Nel merito?
Francamente questo decreto non mi non mi fa né caldo né freddo. È solo doloroso vedere come il minorenne, che è oggetto di diritti in tutte le convenzioni internazionali, è sempre l’ultima pedina nella nostra società. E adesso addirittura è anche il mostro che crea le peggiori e più efferate situazioni di criminalità, mentre il mondo degli adulti è innocente. Eppure, lo sappiamo, i minori sono lo specchio delle loro esperienze esistenziali, della famiglia e del contesto, non vengono fuori come i funghi del tutto casualmente. Non possiamo trattarli tutti allo stesso modo e tantomeno da cinquantenni, come è stato detto. Per fortuna nel 1988 un legislatore ebbe la capacità di comprendere che un minore non è un adulto, e che la sua crescita cambia in base alle esperienze di vita ricevute.
Che tipo di «baby gang» ci sono in Italia?
Detesto la definizione «baby gang». Esistono associazioni a delinquere composte da minorenni che lo fanno per commettere reati o che partecipano a un’associazione di adulti. Per fortuna Caivano non è l’Italia. La definizione è stata coniata da qualche sindaco del nord dove si formano gruppi di ragazzi arrabbiati, in maniera del tutto estemporanea, senza un progetto criminoso, che sfogano la loro impulsività nei confronti dei beni pubblici, oppure rapinano qualcuno che rappresenta tutto ciò che loro non sono e che non riusciranno mai ad essere. Ecco, alla base di questi agiti c’è una totale mancanza di pensiero e una rabbia verso il mondo adulto che non c’è, troppo spesso narcisista ed egocentrico, che si ricorda di loro solo per avere un figlio de esibire.
Sono aumentati i reati commessi dai minori negli ultimi anni?
Non ho dati italiani recenti, ma ho appena preparato per il mio Presidente di Corte d’appello la relazione del periodo 1º luglio 2022 – 30 giugno 2023. E il penale è leggermente in diminuzione qui. Il furto è il primo tra i reati, il traffico di stupefacenti è crollato. Le parlo del nostro distretto di Corte d’appello che rappresenta le province di Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona, il più industrializzato d’Italia. Ci sono radicate 135 etnie diverse, e c’è un grande problema culturale per molti ragazzi di seconda generazione legato all’appartenenza a due mondi così diversi: la mamma velata che non parla una parola di italiano né lo vuole imparare, e il compagno di classe che fa tutto quello che vuole perché tanto i genitori non ci sono e danno la pillola alla figlia tredicenne. Ma accanto agli agiti aggressivi, c’è un aumento esponenziale degli agiti autolesivi. In Italia negli ultimi due anni c’è stato il 27% di aumento di suicidi e tentati suicidi, nel mondo minorile.
La pena è un deterrente?
Non lo è mai stata. Non lo è per nessuno, figuriamoci per un adolescente. Per esempio, questo decreto ha riportato in vigore la pena che c’era negli anni Novanta per il piccolo spaccio. Prevedeva il carcere da 1 a 5 anni e consentiva l’arresto. Ma siccome fuori da qualunque liceo italiano c’era chi spacciava e non potevamo avere tutti questi ragazzi in carcere, era stato reso facoltativo l’arresto per il piccolo spaccio, visto che per i minori non esiste l’arresto obbligatorio, neanche per l’omicidio. L’arresto è sempre facoltativo e lo decide il giudice, salvo che in alcune ipotesi di reato è proprio proibito. Ora, con questo decreto diventa di nuovo consentito l’arresto per il piccolo spaccio e anche, ad esempio, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale. E invece hanno dimenticato di rendere possibile l’arresto per il reato di lesioni aggravate che si compie durante i pestaggi, una situazione molto frequente.
Per chi fa uso di stupefacenti c’è anche il Daspo che allontana il minore dalla scuola. Cosa ne pensa?
Se c’è un reato perseguito, quindi un fascicolo, il Daspo non ha ragione di essere. Il Daspo è una misura di polizia che si applica quando il sospettato non incorre in un reato punibile. Il possesso per uso personale di sostanze è attività perseguibile dal punto di vista amministrativo ma non penale. Intervenire con il Daspo per allontanare il minore da scuola non credo sia una buona idea: questi ragazzi andrebbero recuperati e inglobati, non esclusi, anche se mi rendo conto che alcuni soggetti non sono facili da trattare. In molti di loro, con l’umiliazione potrebbe aumentare la rabbia. E la strada diventare la loro scuola, il Daspo il loro vanto. Soprattutto nelle Caivano d’Italia.
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