Anche per chi conosce bene la filmografia di Carlo Lizzani (1922 –2013), Africa nera, Africa rossa (1976-78) – ripescato e presentato nella rassegna cinematografica «Le ex colonie portoghesi: media e decolonizzazione» – non può che costituire una piacevolissima scoperta, tale da porlo anche sopra a lavori di non fiction molto più noti del regista, come ad esempio, La muraglia cinese, il primo doc mai realizzato da un occidentale in Cina nel 1957.

Sceneggiato insieme al partigiano e scrittore Fabrizio Onofri (1917 – 1982), questo straordinario documentario, di tre episodi da 60 minuti, venne realizzato per Rai2 in un momento in cui la nostra televisione di stato consentiva ancora una certa sperimentazione. Anche per Lizzani era quello un momento topico nella sua carriera dato che Africa nera, Africa rossa è incastonato tra film come Mussolini ultimo atto (1974) e San Babila ore 20 (1976) e poi i successivi Kleinhoff Hotel (1977) e Fontamara (1980).
Nelle sue varie peregrinazioni politiche con la macchina da presa che lo avevano condotto in tante parti del mondo, era venuto anche il momento dell’Angola nel 1976, nello stesso anno in cui aveva anche girato negli Usa Una donna. Un paese. Intervista a Coretta King, con la vedova di Martin Luther King. Infatti, come lui stesso ha dichiarato: «il lavoro mi ha sempre portato dappertutto e anche per l’Africa ho aspettato un motivo che me ne schiudesse le porte: organizzare e girare un documentario sulla liberazione del paese e sul processo dei mercenari bianchi accusati di stragi e sabotaggi dopo la ritirata dei portoghesi».

In un momento come quello di forte interesse per la decolonizzazione e le lotte per la liberazione dei popoli africani dall’imperialismo delle multinazionali, al regista romano era capitata un’occasione più unica che rara. Fu l’unica troupe la sua, a parte quella della tv dell’Angola, a poter riprendere una sorta di piccola Norimberga del colonialismo, il processo a 14 mercenari anglo-americani capitanati dal famigerato Costas Georgiou, più noto come il Colonello Callan, avvenuto a Luanda tra il giugno e il luglio 1976 e conclusosi con 4 condanne a morte, tra cui quella a Callan. Siamo all’alba e al culmine della rivoluzione in Angola dopo il ritiro dei portoghesi a seguito della Rivoluzione di garofani nell’aprile 1974, con la vittoria militare del Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (MPLA) guidato dal poeta e dirigente politico António Agostinho Neto (1922 – 1979) e dunque la nascita di uno stato indipendente.

Nella prima puntata Africa nera, Africa rossa riprende e approfondisce il processo ai mercenari bianchi più o meno collegati con la Cia; nella seconda invece ricostruisce i quindici anni di guerre (anche intestine tra vari movimenti antiportoghesi) che avevano portato grazie all’aiuto delle truppe cubane (cosa su cui comunque Lizzani non si dilunga) al successo del MPLA; ed infine nella terza parte si compie un’analisi antropologica del paese preconizzandone un futuro roseo che purtroppo è stato smentito dalla storia successiva. In ogni caso il film che poi venne trasmesso, a due anni dal processo nel 1978, oltre ad esser un documento storico di fondamentale importanza, è anche un documentario libero e creativo in cui il regista si mette in scena e racconta in prima persona i fatti con grande inventiva narrativa. Un pezzo quindi di ottima televisione e sarebbe bello se la Rai lo restaurasse in modo decente e lo mettesse a disposizione su RaiPlay.