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Disfatte e bugie dell’amico americano

Disfatte e bugie dell’amico americanoIl ministro Guerini a Herat nel 2021 – LaPresse

Occidente La fine tragica della "bolla" afghana. Bilancio umano e morale: per il New York Times gli afghani in pericolo sarebbero 300 mila, evacuati circa 70mila. Gli americani circa 10mila, 4mila già usciti dal Paese

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 26 agosto 2021

Come ha dimostrato l’inutile G-7 di martedì 24 agosto, agli Usa degli alleati importa poco e niente, e ancora meno degli afghani, altrimenti avrebbero pensato prima a evacuarli e a tenere in piedi le loro forze armate. Si era capito il 2 luglio scorso, quando abbandonarono di notte la grande base di Bagram staccando luce e acqua senza avvertire l’esercito afghano. Un messaggio chiaro: avevano deciso di lasciare l’Afghanistan al buio e all’oscurantismo dei talebani.

Questi erano nella sostanza gli accordi di Doha voluti da Trump: un exit deal senza condizioni e senza strategia.

La vicenda afghana è una storia di disfatte e di bugie, molte avallate dai politici e dai media occidentali. La scadenza del 31 agosto non l’hanno decisa i talebani: in un primo momento Biden aveva indicato quella dell’11 settembre, ventennale degli attacchi del 2001, per dare un significato simbolico al ritiro, poi, sentendosi sicuro di sé, ha anticipato al 31 agosto. La Casa Bianca ha agito in maniera pessima di fronte al crollo delle forze locali, iniziato da almeno un paio di mesi. Il capo della Cia e quello dello Stato Maggiore avevano già avvertito che il governo Ghani stava disgregandosi.

Perché si sono ritirati in questo modo?

Gli Usa avevano intuito, con la corsa ai trasferimenti di valuta all’estero, che ci sarebbe stata la grande fuga dal Paese, soprattutto nella “bolla” filo-Occidentale, anche se la caduta di Ghani fosse stata più lenta. Ma non volevano fare nessun complicato e disturbante ponte aereo per salvare i collaboratori dell’Occidente, limitandosi a portarne fuori un numero limitato.

America First era lo slogan di Trump, quello di Biden è America is back: in tutti e due i casi il corollario è “che gli altri si arrangino”.

Gli Stati, come diceva Churchill, non hanno amici, soltanto interessi. E gli Usa di Biden, che se la prendono con Mosca e Pechino sui diritti umani e civili, alla prova dei fatti hanno abbandonato al suo destino un Paese dove sono stati vent’anni. Quindi hanno poco da dare lezioni, visto che sono alleati di Arabia Saudita e Pakistan, paesi che quanto a oscurantismo non sono secondi ai talebani. I sauditi sono un regime plumbeo di assassini di giornalisti e oppositori, i pakistani sono il maggiore sponsor dei talebani.

Il bilancio umano e morale, in cifre, è il seguente: il New York Times stima che gli afghani in pericolo per avere collaborato con l’Occidente siano 300mila, fino a martedì ne erano partiti 70mila. Non si sa neppure, secondo il quotidiano americano, il numero degli americani da evacuare: si pensa intorno ai 10mila, 4mila sono già usciti dal Paese.

Ricordiamo che Biden aveva detto, testualmente, di non sapere “quanti e dove fossero gli americani in Afghanistan”. Se non conosceva (o forse non voleva dire) il numero degli americani, figuriamoci se aveva piani per evacuare in massa gli afghani: non ci pensava proprio, si è mosso quando non poteva più farne a meno.

La “bolla” filo-occidentale è esplosa da sola e non doveva essere salvata che in minima parte: che ci pensassero i talebani a gestirla con i loro metodi spicci e violenti. Siamo di fronte a un’amministrazione bugiarda e moralmente infima, che ha volutamente ignorato i pericoli pur conoscendoli.

Della disfatta e delle bugie la Nato è stata una complice attivissima. Per vent’anni l’Alleanza atlantica è stata la maggiore protagonista dei piani per trasformare l’Afghanistan in un Paese filo-occidentale. La Nato ha addestrato le truppe – quell’esercito che si è liquefatto in pochi giorni – sono i paesi Nato che hanno venduto all’opinione pubblica i “progressi” che si facevano in Afghanistan, spacciando come un successo una missione fallimentare.

 

Matteo Renzi a Herat nel 2015, Afghanistan (Foto uff. stampa Palazzo Chigi)

 

I nostri ministri della difesa e degli esteri andavano in Parlamento a raccontare cose rassicuranti sull’Afghanistan per rinnovare i finanziamenti alla missione. Si facevano belli volando nella base a Herat del contingente per cerimonie retoriche che per altro duravano poche ore. Perché non sia mai che fermandosi un po’ di più dovessero prendere atto della realtà. Era una veloce abbronzatura afghana da sfoggiare indossando il giubbetto militare davanti alle telecamere per darsi un’aria marziale.

Guerini si è detto “sorpreso” dagli eventi afghani: sarebbe strano altrimenti perché noi in genere seguiamo il manuale dell’alleato perfetto degli americani, comprese le bugie e le sciocchezze contenute nel prontuario.

Quanto alla politica estera americana, bene fa Draghi a puntare sul G-20, sulla Russia e la Cina, perché sugli Usa si potrà contare sempre di meno. Lo avevamo già visto con l’Isis in Iraq, con la Siria e soprattutto con la Libia, dove una sfilata di governi italiani farlocchi si è fatta vendere per anni da Washington la bugia pietosa della “cabina di regia”.

Quanto alla politica estera di Biden eccola: è entrato alla Casa Bianca dicendo che avrebbe fatto una “politica estera per la classe media”. Togliete l’aggettivo “estera” è avrete la verità: c’è solo una politica per la classe media. E soltanto americana, naturalmente. La fine tragica della “bolla” afghana ci sia di lezione.

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