Lavoro

Aerei, lo sciopero vola. E Salvini attacca i sindacati

Matteo Salvini, sullo schermo Giorgia Meloni foto LaPresseIl vicepremier e ministro dei trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini – LaPresse

Lavoro Alte adesioni alla protesta. «Contratto fermo da 7 anni». 11 mila hanno bloccato i servizi a terra. Stop dei Low Cost. Il vicepremier contro il fisco: «Italiani ostaggio dell’Agenzia delle entrate. Serve pacificazione». Le opposizioni: «Devastante»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 16 luglio 2023

Undicimila lavoratori impiegati nei servizi a terra negli aeroporti («handling»), mobilitati dai sindacati di settore Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl, Usb Lavoro privato, ieri hanno bloccato almeno 800 voli in tutta Italia. La protesta, alla quale ha aderito quasi il 100% dei lavoratori, si è scagliata contro gli stipendi inadeguati rispetto all’inflazione record, risultato di sette anni di contratto bloccato, senza un risarcimento per gli anni di vacanza contrattuale, turni massacranti, con ferie risicate, bassi salari. Ha protestato anche il personale di volo e gli assistenti di Air Malta che opera per Ryanair e di Vueling, due dei maggiori vettori Low Cost, con alte percentuali di adesione.

DOPO LA PARTECIPAZIONE massiccia allo sciopero dei treni di giovedì, dimezzato dalla precettazione tardiva del ministro dei trasporti Salvini contestata dai sindacati (il Tar esaminerà la questione il 4 settembre), quella di ieri è stata un’altra conferma della crisi globale dei trasporti. Dopo i lockdown per il Covid, il settore ha conosciuto una ripresa poderosa, ma insufficiente per tornare ai livelli del 2019, che è stata pagata dai viaggiatori ai quali è stato aumentato il prezzo dei biglietti e dai lavoratori che stanno pagando le politiche del “libero mercato” che hanno massimizzato i profitti ai danni dei loro salari. Già nel 2021 l’European Transport Workers’ Federation aveva chiesto ai regolatori europei di intervenire, senza successo. Quello visto negli aeroporti italiani è una delle conseguenze dello spazio lasciato alle imprese che speculano sull’industria del turismo che macina miliardi.

IN QUESTO SCENARIO di speculazione e sfruttamento ieri Salvini non ha tardato a fare sentire la sua voce a sostegno delle imprese e del sistema globale tossico che alimentano. E lo ha fatto con l’ingenuità provocatoria delle destre: dividere i lavoratori dai loro sindacati. E contrapporre i consumatori a questi ultimi in nome del «pago, pretendo». In più, ha evocato il «buon senso»: un classico.

IL «BUON SENSO» è in realtà un «senso unico» ha scritto Gilles Deleuze. Cioè è determinato dal padrone, è «buono» per chi chi comanda e pretende di dire il «senso» ultimo delle cose. «Appoggio i lavoratori ma non accetto che i sindacati blocchino l’Italia – ha detto – Se non prevarrà buonsenso sono pronto a intervenire come ho già fatto». In realtà, Salvini ieri era nervoso per il successo indubbio dello sciopero che non ha potuto dimezzare. A fustigare il risentimento del leghista è giunta una battuta salace della Filt Cgil secondo la quale lo sciopero è stato organizzato dai sindacati e dai lavoratori. «Se il ministro frequentasse di più i supermercati capirebbe il perché della protesta dei lavoratori che devono affrontare un aumento dei prezzi esponenziale. La responsabilità va chiesta alle imprese che registrano introiti crescenti». In attesa di risposte da parte delle aziende, i sindacati hanno detto di essere pronti a riprendere le azioni di protesta.

DALLE TASSE «PIZZO DI STATO» di Meloni agli «italiani ostaggi dell’agenzia delle entrate». Lo ha detto sempre ieri Salvini che, si sa, in estate entra in zona «Papeete» e fa a gomitate per trovarsi lo spazio mediatico in un governo accartocciato su se stesso. In questo caso il leghista ha rilanciato una «definitiva pacificazione» tra il fisco e chi ha «un problema fino a 30 mila euro che si trascina da anni». Dopo i molteplici condoni dell’ultima legge di bilancio se ne preparano forse degli altri. Li chiameranno «Pace fiscale». Nello stile «un colpo al cerchio e un altro alla botte» che lo caratterizza il ministro non si è fatto sfuggire l’auspicio di «mettere in galera» gli evasori totali e «buttare la chiave». Tanto per mettersi a parte civile utilizzando la retorica forcaiola.

«SALVINI FA PARTE di un governo che prevede il ricorso a definizioni agevolate (evidentemente non definitive) fra i principi della delega della sua riforma fiscale» sostiene Maria Cecilia Guerra (Pd). «Sono messaggi devastanti, frutto di una tossica subcultura di governo» ha commentato Giuseppe Conte (Cinque Stelle). Per Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) «preferiscono fare la guerra ai poveri

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