Novembre 2022, aeroporto Schiphol di Amsterdam. Un piccolo corteo di anonime camionette bianche si ferma di fronte alle recinzioni laterali del terminal. Ne escono alcune centinaia di persone, in gran parte giovani, avvolte in tute bianche. In un attimo rompono i lucchetti, si arrampicano con le scale e invadono le piste. Oltre settecento attivisti di Greenpeace, Fridays For Future ed Extinction Rebellion bloccano per ore la zona riservata ai jet privati dello scalo olandese. È una protesta organizzata nei minimi dettagli: i manifestanti in bici costringono la sicurezza a imbarazzanti inseguimenti, quelli appiedati si incollano all’asfalto.

L’azione di due anni fa a Schiphol non è la prima protesta ecologista in un aeroporto, ma di certo è la più d’impatto. Il blocco degli scali di Francoforte e Oslo di ieri, opera di movimenti per il clima, è solo l’ultimo esempio di una tendenza ormai radicata.

Le ragioni degli attivisti che negli anni hanno promosso azioni del genere partono da dati. «Mentre in settori come l’energia le emissioni diminuiscono, nei trasporti sono stabili o in leggera crescita. E dentro il segmento trasporti, quelle dell’aviazione stanno esplodendo». A parlare al manifesto è Giulio Mattioli, ricercatore in mobilità sostenibile al Politecnico di Dortmund.

Dopo Schiphol molti gruppi ecologisti hanno cercato di replicare la protesta, non sempre con ottimi risultati. Nel maggio del 2023 la fiera dell’aviazione privata europea di Ginevra è stata bloccata per ore dagli attivisti. Due mesi fa a Stansed, Londra, due ragazze militanti di Just Stop Oil hanno gettato il contenuto di alcuni estintori contro dei jet in area di sosta. Lo stesso è successo il mese scorso a Ibiza, dove il gruppo Futuro Vegetal ha imbrattato con vernice gialla un aero privato. Il fenomeno è arrivato da tempo anche in Italia. Nel novembre del 2022, subito dopo i fatti olandesi, un piccolo gruppo di manifestanti ha protestato a Ciampino. In quell’occasione anche dei giornalisti furono fermati dalla polizia. Un anno dopo Fridays For Future ed Extinction Rebellion provarono a ripetere l’azione all’aeroporto Caselle di Torino, ma sono stati fermati dalle forze dell’ordine prima ancora di arrivare. La protesta contro i jet privati è esplosa anche grazie ai social. Pagine Instagram come la francese @laviondebernard e l’italiana @jetdeiricchi tracciano i voli di star e capitani d’industria per denunciarne l’impatto climatico. A livello mondiale il simbolo, negativo, di questa lotta è la cantante Taylor Swift, nota per usare i suoi velivoli con particolare assiduità.

Il problema dell’aviazione, però, non si ferma ai soli voli per ricchi e ricchissimi. «I jet privati sono una piccola percentuale del problema. Il grosso delle emissioni viene dai voli di linea. E non abbiamo ancora una soluzione per decarbonizzare il settore» spiega Mattioli. «Nel lungo periodo serve ricerca. Nel breve, limitare i voli. Due modi efficaci sono lo stop all’espansione degli aeroporti e l’introduzione di tasse sul carburante». Per ora gli attivisti si sono concentrati sul contrasto all’aviazione privata e la sostituzione delle tratte brevi con analoghi percorsi ferroviari. Ottenendo anche qualche piccolo successo. Nel 2023 il governo francese ha vietato per legge le tratte aree per cui esiste un’alternativa via treno inferiore alle due ore e mezza. L’aeroporto di Schiphol, da cui siamo partiti, ha annunciato che impedirà l’atterraggio ai jet privati a partire dal 2025.

In questo scenario, le proteste di Oslo e Francoforte rappresentano una novità. I due aeroporti sono stati bloccati non per protestare contro l’impatto dell’aviazione, ma per l’inazione dei governi rispetto alla crisi climatica in generale. È la versione estrema dei blocchi stradali a cui ci hanno abituato organizzazioni come Ultima Generazione.
Quali che siano le ragioni, in ogni caso, la politica ha deciso che questo genere di proteste vanno represse con forza. Le proteste negli aeroporti continueranno, e con loro gli arresti.