Yan Lianke è uno scrittore che ama apparire nei suoi stessi romanzi e come personaggio lo ritroviamo anche nell’ultimo Il giorno in cui morì il sole (traduzione di Lucia Regola, nottetempo, pp. 412, euro 22), una sferzante critica al Chinese Dream di Xi Jinping che promette di tornare agli antichi fasti.

IL LIBRO è stato pubblicato a Taiwan per la difficoltà di trovare un editore in patria. Di questi tempi, d’altra parte, essere uno scrittore in Cina è complicato, non necessariamente per via della censura che pure Yan Lianke conosce bene. La fatica e il crescente disgusto per il proprio paese dell’autore di Servire il popolo, la novella sboccata sequestrata dal Partito (e poi ricomparsa su internet), si vanno facendo sempre più acuti. Ma se è vero che anche in questa occasione ha avuto difficoltà a pubblicare, l’autore non sembra aver reagito in maniera troppo scomposta, perché a suo dire «se non si ha un editore, si può scrivere quel che si vuole, e anche quella è una libertà».

Il giorno in cui morì il sole cade di giugno e all’inizio di quelle ventiquattr’ore raccontate nel romanzo ci troviamo in un villaggio sui Monti Funiu, dove tutti gli abitanti sono affetti da sonnambulismo. Il protagonista è Li Niannian, un quattordicenne la cui famiglia vive e prospera grazie al business dei funerali.

SUO ZIO È ANCHE A CAPO del crematorio, una posizione che gli restituisce in egual misura ricchezza e odio. In tutto il villaggio infatti gli incubi si tramutano in morti tragiche, da piangersi in uno scenario che si fa sempre più desolato ma che non può prescindere da un funerale ben remunerato per il caro zio.

«Nella vita, molti eventi realmente accaduti hanno spesso bisogno di essere narrati come se appartenessero al mondo della finzione», così si apriva Servire il popolo, e cucire assieme vita personale e finzione letteraria è un’arte che Yan Lianke padroneggia da sempre. Nel Giorno in cui morì il sole è il sonnambulismo a fare da collante fra le due dimensioni, reale e finzionale: lo stesso Yan Lianke pare abbia avuto alcuni episodi di sonnambulismo, e l’idea per il romanzo sembra sia nata da questo. La scrittura riesce a indagare così i mondi interiori delle persone e le loro manifestazioni incontrollate, quando i corpi possono agire assecondando i desideri più intimi e segreti. Il sonnambulismo concede ai personaggi la possibilità di fare cose a cui pensano sempre, ma che nella vita reale non mettono mai in pratica. Il bilancio delle vittime che muoiono mentre vagano in sogno è sbalorditivo: qualcuno cade nei pozzi, qualcun altro muore durante la mietitura notturna. Altri, invece, si renderanno conto che il sonnambulismo permette ogni genere di furto e arraffano fortune.

La critica alla società cinese qui si salda all’intreccio, e se nei primi romanzi dell’autore era ammantata di satira (come in Servire il popolo), in questo romanzo è l’amarezza a prendere il sopravvento.

NEPPURE È UN CASO che l’autore scelga di far raccontare la storia all’adolescente Li Niannian, alla sua sensibilità ancora acerba e poco sofisticata, raccogliendo la tradizione di una classicità di epoca Qing che vedeva nei giovani i veri protagonisti a cui affidare le vicende letterarie, come nel caso del Sogno della camera rossa di Cao Xueqin (Einaudi, 1958), romanzo del 1792 che si ritrova citato più volte nelle opere di Yan Lianke. L’adolescente ingrato e desideroso di fuga che è stato l’autore nella vita si rappresenta nella narrazione mediato dalla scrittura, come Jia Baoyu nel Sogno, laddove soltanto nella segretezza dei propri pensieri mai svelati riesce a desiderare un’altra vita accusando la società e il destino avverso.

Il giorno in cui morì il sole si prende il tempo di ponderare sulla natura umana più inconscia, usando la connessione tra i desideri più celati e le azioni inconsce dei sonnambuli, e tuttavia quella che sembra essere la lettura più semplice, quella della critica al regime che cammina nel sonno per raggiungere i suoi sogni di grandezza internazionale, rischia di farci perdere la dimensione letteraria del romanzo e la sua sconsolata amarezza. In fondo, forse è anche arrivato il momento di riconoscere che la letteratura ricopre un ruolo sempre più marginale: bisogna riconoscere, come fa Yan Lianke, che «nella nostra epoca uno scrittore altro non è che uno scrittore».