In Europa non ci sarà una ripresa rapida dopo una violenta caduta dell’economia a causa delle nuove quarantene decise dai governi per rallentare la diffusione del Coronavirus. L’ipotesi di una ripresa a «V» prospettata in questi mesi è da escludere per il Commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni, che ieri in video-conferenza da Bruxelles ha presentato le previsioni d’autunno insieme al vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis,

«Non abbiamo mai fatto affidamento su questo modello – ha detto Gentiloni – Ora sappiamo con certezza che non ce l’avremo». «La seconda ondata del Covid ha frenato il rimbalzo registrato nel terzo trimestre 2020», coinciso in Italia dal «liberi tutti» dal 18 maggio. «La crescita è destinata a fermarsi nel quarto trimestre e riprenderà dal primo trimestre 2021». «Le nostre previsioni economiche sono più solide dei sondaggi americani» ha aggiunto Gentiloni con una battuta.

L’indicazione della Commissione Ue permette di cambiare la prospettiva sulla crisi socio-economica iniziata tra febbraio e marzo. La pandemia del Covid 19 «potrebbe aggravarsi e durare più a lungo». Questo spingerà i governi nel 2021 adattare provvedimenti di confinamento flessibili o rigidi a seconda dell’andamento della curva epidemiologica. «Ciò – ha aggiunto il Commissario Ue – porterebbe a una crescita più bassa e ad una disoccupazione più elevata, lasciando cicatrici più profonde nelle imprese».

Questa osservazione è sostanziata dai dati che prefigurano un balzo previsto della disoccupazione, al momento al 9,9%, all’11,6% nel 2021 e all’11,1% nel 2022. Tale aumento potrebbe essere il prodotto dei licenziamenti nel lavoro dipendente bloccati in Italia fino al prossimo 21 marzo o dalla chiusura delle imprese.

Il rischio è che le misure senza precedenti, come l’estensione delle casse integrazioni, «potrebbero essere ritirate prematuramente» oppure «le divergenze tra paesi potrebbero irrigidirsi. Due ipotesi che causerebbero l’accelerazione dell’ aumento già previsto della disoccupazione. Lo conferma il fatto che nel 2020, almeno in Italia, è rimasta più bassa del 2019 quando era al 10%.

Questo scenario permette di comprendere il dilemma di questi mesi: quanto a lungo deve durare il blocco dei licenziamenti? E, dopo, la ripresa sarà sufficiente per garantire nuove assunzioni, come è stato ipotizzato ieri? Vista l’incertezza delle previsioni e l’allungamento della crisi fino almeno al vaccino, potrebbe non accadere. Tranne in Germania e in Polonia, altrove è «improbabile che una ripresa ci sarà entro il 2022» ha detto Gentiloni.

La Commissione Ue prevede per il Pil italiano una contrazione più moderata per il 2020 (-9,9%) ma anche una crescita più lenta nel 2021 (4,1%) rispetto alle previsioni di luglio (-11,2% e 6,1%).

Si sposta dunque di tre anni, da oggi, il termine dopo il quale l’economia potrà recuperare un livello paragonabile a quello precedente il Covid. La previsione andrà verificata. Va ricordato che, all’inizio del 2020, prima della pandemia, l’Italia non aveva recuperato i livelli precedenti alla crisi del debito sovrano del 2008-2010.

Dopo avere assicurato la sostenibilità del debito pubblico italiano (aumento record da 134,7 a 159,6% del Pil) fatto dal governo Conte per finanziare gli oltre 100 miliardi dei decreti da marzo a oggi, Gentiloni ha aggiunto che lo stop al «Patto di stabilità» potrebbe prolungarsi oltre il 2021. La prospettiva di reintrodurre i criteri politicamente flessibili dell’austerità oggi è esclusa. La Commissione ha annunciato un ripensamento dei parametri tutto ancora da fare.

Per il momento le politiche di allentamento monetario della Bce andranno di pari passo con quelle fiscali dei governi, in attesa che il fondo «Next Generation Eu» entri in funzione. Le stime fatte ieri dalla Commissione non tengono conto dell’eventuale impatto che potrebbero avere i 750 miliardi di euro annunciati (209 per l’Italia), anche perché non ci sono ancora piani dettagliati.

Su questo fronte ieri da Bruxelles è arrivata un’altra novità. Consiglio Europeo e Parlamento Ue hanno trovato un accordo su uno dei problemi che bloccano l’iniziativa. Per la prima volta ci sarà un meccanismo che permetterà di bloccare i fondi ai governi che non rispettano lo Stato di diritto.