Nei paesi di lingua tedesca, il realismo ottocentesco esibiva una forte  resistenza a tematizzare i conflitti sociali e gli effetti negativi del processo di industrializzazione: «per “realismo” non intendiamo la nuda restituzione della vita quotidiana – scriveva Theodor Fontane in un saggio del 1853 – meno che mai delle sue miserie e dei suoi lati oscuri». Era un «realismo poetico», disse lo scrittore Otto Ludwig,  interessato a cogliere la verità nascosta sotto la superficie fenomenica delle cose. E’a questo ideale che si votò anche Adalbert Stifter, «uno dei narratori più strani, profondi, celatamente audaci e travolgenti della letteratura universale», scrisse...