Politica

Accorinti ci riprova: «Contro di noi, mafia massoni e clientele»

accorintiRenato Accorinti

Intervista Il sindaco pacifista si ripresenta con l’appoggio di tre liste civiche «Abbiamo risanato i conti, potenziato i bus e la differenziata»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 9 giugno 2018

«Secondo me, per l’approccio che ho avuto io in tre minuti con De Cola, e io ho esperienza con i politici, non è gente influenzabile dalla vecchia casta». Sergio De Cola è l’assessore all’Urbanistica nel comune di Messina, uomo di Renato Accorinti, il sindaco «no Ponte» che alla cravatta nelle cerimonie istituzionali ha sempre preferito le magliette con la scritta «free Tibet» e «We welcome migrants, we are all migrants». A parlare è Enzo Romeo, presunto esponente del clan Santapaola, a Messina. Gli investigatori trascrivono la frase intercettata, nell’ambito dell’inchiesta «Beta», mentre Romeo parla di un affare col suo socio Biagio Grasso che intendeva vendere al comune alloggi che la società Rd Immobiliare srl sta costruendo nel rione Villaggio Aldisio.

«Ecco, noi siamo stati questi in cinque anni a Messina, amministratori incorruttibili, impermeabili alla mafia, alle clientele e agli affaristi», dice Accorinti, in corsa per il suo secondo mandato a Palazzo Zanca. Cinque anni fa, a sorpresa, vinse al ballottaggio con il 52,67% delle preferenze sul rivale Felice Calabrò, sostenuto dal centrosinistra che si fermò al 47,33% dopo avere mancato l’elezione al primo turno per appena 59 voti.

Attivista in difesa dei diritti civili, dell’ambiente e della lotta alla mafia, tra i fondatori del movimento «No ponte», docente e tecnico della federazione italiana di atletica leggera, Accorinti sin dalla fine degli anni Settanta si è imposto come pacifista fondando insieme ad altri, il movimento non violento messinese e il comitato messinese per la pace e il disarmo. Il suo grido «No war» rivolto a Donald Trump, durante il vertice del G7 a Taormina, fece il giro del mondo. Domani Accorinti ci riprova con l’obiettivo di proseguire il lavoro fatto a Messina, che tra mille difficoltà è riuscita a superare alcuni problemi endemici.

Sette candidati a sindaco; un centrodestra agguerrito e un Pd che proprio a Messina prova a ricompattarsi con quel che resta del centro. Crede nell’impresa?

Cinque anni fa abbiamo vinto le elezioni con la lista civica «Cambiamo Messina dal Basso», questa volta abbiamo presentato tre liste. E come allora stiamo andando da soli, con la schiena dritta, con la forza del pensiero e del diritto. Contro abbiamo tutti: le destre razziste e sovraniste, il Pd alleato con gli ex Udc e Forza Italia con in prima fila Francantonio Genovese e quel suo pacchetto di 20mila voti che si porta dietro; li aveva quando si candidava col Pd, li ha mantenuti quando è transitato in Fi e poi li ha riversati sul figlio eletto all’Assemblea siciliana.

Pensa che questo pacchetto di voti di Genovese possa fare la differenza?

Guardi, se mi dovesse mancare un solo voto per essere eletto preferisco tornare a fare l’insegnante piuttosto che accettarlo da uno come Genovese. Ma ho sensazioni buone, molta gente ha capito quello che abbiamo fatto in cinque anni di amministrazione, a cominciare dal debito che abbiamo trovato: mezzo miliardo di euro che abbiamo gestito con un piano di riequilibrio in dieci anni anche se potevamo diluirlo in vent’anni.

E perché non l’avete fatto?

Perché in Consiglio comunale ci hanno messo i bastoni tra le ruote, il vecchio sistema di potere ha bocciato il piano in vent’anni, commettendo un atto criminale non nei confronti nostri ma dei cittadini di Messina.
I suoi detrattori l’accusano di avere fatto poco o nulla e parlano di una città rimasta immobile
Sa quanti autobus pubblici c’erano a Messina, che ha una superficie maggiore di Milano, quando mi sono insediato? Bene, quattordici. Ora sono 85. E a ottobre arriverà la prima flotta di bus elettrici, Messina sarà l’unica città, da Napoli in giù, ad avere un parco macchine pubblico all’avanguardia.

Tutto qui?

Arrivati a Palazzo Zanca abbiamo trovato la raccolta differenziata al 2-3%, Messina era agli ultimi posti in Italia. La società che gestiva la raccolta, Messinambiente che io ho messo in liquidazione, era un colabrodo con 800 milioni di debiti, mal gestita e con ragnatele clientelari incredibili. Oggi «Messina servizi beni comune» è una società sana, la raccolta differenziata è al 18%. Mi soddisfa il risultato? No, dobbiamo crescere ancora. Sui rifiuti abbiamo messo in funzione l’impianto per la frazione secca riducendo la quantità di rifiuti mandati in discarica. Entro il 31 dicembre andrà in gara l’impianto per l’umido nella zona sud, un master plan da 10,5 milioni. Il nostro obiettivo è arrivare al 65% di raccolta differenziata. Ma la nostra azione è stata ampia anche sul fronte delle infrastrutture e su quello delle politiche sociali.

Non teme che l’onda giallo-verde possa influire sull’esito del voto?

Quelli giocano sulle paure delle persone, come facevano i nazifascisti. È un boomerang, la gente deve capirlo. È un’azione ignobile. Salvini ha tolto la parola «nord» alla Lega solo per prendere per il culo i meridionali e chi al Sud l’ha votato si deve vergognare. I suoi sono messaggi contro i diritti dell’uomo: dire prima vengono gli italiani significa mettere l’uno contro l’altro. Noi parliamo di esseri umani. Abbiamo realizzato a Messina una casa per i senzatetto, io prima di fare il sindaco dormivo con loro e poi andavo a fare l’insegnante a scuola. Il nostro è un progetto educativo straordinario. In tanti vorrebbero fermarlo.

A chi si riferisce?

Abbiamo tutti i poteri forti contro: la massoneria e la mafia prima di tutto. Dal clan Santapaola di Catania alle cosche di Barcellona Pozzo di Gotto, fino alla ‘ndrangheta calabrese. Ci odiano e ci detestano perché noi siamo dalla parte della gente, dei più deboli e non permettiamo ai potenti di turno di fare affari.

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