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Aborto in Usa: due anni di diritti negati

Aborto in Usa: due anni di diritti negati

Stati uniti La ricerca di Advancing New Standards in Reproductive Health sugli stati dove la sentenza della Corte suprema ha causato il divieto delle interruzioni di gravidanza

Pubblicato 29 giorni faEdizione del 10 settembre 2024

A più di due anni da quando la Corte Suprema degli Stati uniti ha annullato la  sentenza che proteggeva il diritto federale all’aborto, i divieti che i vari stati a guida repubblicana hanno implementato per le interruzioni di gravidanza stanno costringendo i medici a fornire cure mediche inferiori agli standard, come dimostra una nuova ricerca pubblicata dall’Advancing New Standards in Reproductive Health che ha sede sede presso l’Università della California, a San Francisco. Lo studio porta fra gli esempi il caso di una donna a cui si erano rotte le acque troppo presto, e che è è finita nell’unità di terapia intensiva con una grave sepsi perché, secondo le leggi dello Stato in cui viveva, non poteva abortire per porre fine alla sua gravidanza, nonostante non ci fosse alcuna possibilità di poterla terminare.

Il trapianto di fegato di un’altra donna è stato annullato dopo che i medici hanno scoperto che era incinta, e nonostante la gravidanza fosse indesiderata. Un’altra ancora è stata costretta a dare alla luce un bambino affetto da anencefalia, un’anomalia fetale grave e che non ha speranza di cura: quando il bambino è  stato consegnato alla madre, il colore della pelle del neonato era già passato dal rosa al blu scuro.

«L’urlo e il lamento che questa donna ha lanciato quando ha visto il bambino sono stati strazianti e sufficienti a spezzare il cuore di tutti i presenti nella stanza – ha raccontato uno studente di medicina che la aveva assistita, intervistato dai ricercatori – La madre continuava a gridare in spagnolo ‘mio dio perché?’, ma questo non era un problema divino, bensì un problema completamente creato dall’uomo».

L’Advancing New Standards in Reproductive Health, che  ha iniziato a raccogliere le testimonianze dei medici sulle loro esperienze nell’agosto 2022, ha pubblicato un rapporto preliminare sui risultati nel maggio 2023, e ha raccolto 86 testimonianze, tutte terribili.

«La domanda che ci ponevamo era: i cambiamenti che abbiamo visto inizialmente, erano legati allo shock iniziale per i cambi di legge che poi sono entrati in vigore? – ha detto uno degli autori della ricerca presentando lo studio – I protocolli clinici a un certo punto riusciranno a cambiare e gli operatori sanitari sapranno come fornire delle cure adeguate nonostante queste leggi? Questi casi orribili potranno scomparire? E la risposta è no. Questi casi continuano a verificarsi».

Dopo la sentenza della Corte suprema, più di una dozzina di stati ha completamente vietato le interruzioni di gravidanza, e sebbene ogni stato tecnicamente consenta l’aborto in caso di emergenza medica, le specifiche di ciò che si qualifica come emergenza possono variare da stato a stato.

A livello nazionale i medici hanno affermato in modo concorde che le eccezioni a questi divieti di aborto sono spesso formulate in modo vago e confuso, rendendole difficili da implementare nella pratica. Idealmente, se i medici si accorgono che una donna sta rischiando un’emergenza medica, dovrebbero agire il più rapidamente possibile, ma a causa di queste leggi non è possibile fare nulla prima che la situazione peggiori, a volte in modo irrimediabile. Il rapporto rivela che alcune donne hanno  avuto delle emorragie massicce e pericolose per la loro vita, perché le cure per gli aborti spontanei possono essere somministrate solo dopo che si è superata una certa soglia – ma a quel punto è già tardi.

Un medico di uno stato in cui è vietato l’aborto ha detto ai ricercatori che il personale di un ospedale si è rifiutato di aiutare una donna che aveva dei fortissimi dolori causati da un aborto spontaneo. «Non dimenticherò mai quel caso perché ho sentito casualmente l’operatore sanitario dire a un’infermiera che anche solo offrire una mano a una paziente  sulla barella, in preda a un aborto spontaneo, poteva essere interpretato come favoreggiamento di un aborto, per cui è meglio non toccare nemmeno una paziente che sta abortendo».

La maggior parte delle donne descritte nel rapporto hanno un’età compresa tra 18 e 35 anni e avevano a che fare con complicazioni della gravidanza nel secondo trimestre, gravidanze ectopiche (che non sono vitali), anomalie fetali o aborti spontanei.

Le donne nere e ispaniche, hanno notato i ricercatori, sono  rappresentate in modo sproporzionato, e gli studi hanno dimostrato da tempo che hanno maggiori probabilità di ricevere cure mediche inferiori agli standard. Anche i soggetti in qualche modo collegati al sistema carcerario devono affrontare più ostacoli per avere delle cure in casi di aborto.  In un caso, una quindicenne detenuta in un carcere minorile ha dovuto avere un bambino perché nel suo stato non poteva abortire. In un altro, una donna che era in libertà condizionale in uno stato con divieto di aborto ha chiesto il permesso di uscire per abortire e le è stato negato. Ha comunque lasciato lo stato per sottoporsi alla procedura, ma ha rifiutato la sedazione per paura di essere consegnata alle autorità.

«Penso che  i medici si siano un po’ abituati  – ha detto uno dei dottori intervistati – Questa è ora diventata la nuova normalità e non è più così scioccante. Molti sono davvero esausti e frustrati dal non essere in grado di fornire l’assistenza per cui sono stati formati. Non è questo ciò per cui ho fatto il giuramento. Molti cambiano stato, portano con sé le loro famiglie, cambiano le loro vite, per andare in posti dove possono fare davvero il loro lavoro».

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