A Tel Aviv la vaccinazione dei palestinesi non è un tema. Dosi saranno inviate ad altri paesi
Coronavirus Gli israeliani si mostrano indifferenti alla mancanza di vaccini nei Territori palestinesi. E Netanyahu torna a proporre l'invio di 100mila dosi a paesi amici di Israele. In Cisgiordania intanto si vivono i giorni più difficili dall'inizio della pandemia
Coronavirus Gli israeliani si mostrano indifferenti alla mancanza di vaccini nei Territori palestinesi. E Netanyahu torna a proporre l'invio di 100mila dosi a paesi amici di Israele. In Cisgiordania intanto si vivono i giorni più difficili dall'inizio della pandemia
Il tema dei palestinesi senza vaccini in Cisgiordania e Gaza non è certo dominante sul lungomare di Tel Aviv che, grazie alle riaperture permesse dagli esiti positivi della campagna vaccinale in Israele, è tornato a popolarsi come non accadeva da tempo. Neanche a parlarne di Israele tenuto a garantire un numero adeguato di fiale ai cinque milioni di palestinesi sotto la sua occupazione militare in Cisgiordania e Gaza da quasi 54 anni. «Non sono israeliani, devono pensarci da soli, non siamo tenuti ad aiutarli», ci dice Etti, una 18enne di Bat Yam che il 23 marzo voterà per la prima volta alle legislative. Secondo Yoram, un impiegato in sella a una bicicletta, «i palestinesi potranno ricevere i vaccini solo in cambio di qualcosa di importante per Israele». Al contrario Maya, un’insegnante in pensione, è favorevole a mandare i vaccini nei Territori occupati. «Mi sembra giusto per loro e aiuterà anche noi, viviamo a stretto contatto e la pandemia sarà sconfitta solo le due parti collaboreranno». E ricorda la vaccinazione avviata due giorni fa dalle autorità sanitarie di 120mila manovali palestinesi che lavorano in Israele e negli insediamenti coloniali. Ramallah e Gaza city si trovano a poche decine di chilometri ma dal lungomare soleggiato di Tel Aviv appaiono lontane anni luce.
Questo disinteresse non sorprende. Ormai solo piccole porzioni di israeliani pensano ancora che ci sia una occupazione in atto in Cisgiordania e un blocco rigido della Striscia di Gaza. E, più di tutto, che la questione palestinese abbia un peso. Lo dimostra l’assenza quasi totale del tema dalla campagna elettorale. E farsi promotori, con il voto tra due settimane, dell’invio di vaccini ai palestinesi non fa conquistare voti, anzi li fa perdere. Per questo non provoca sussulti la notizia, riferita dalla tv Kan, del rilancio del piano per l’invio di vaccini in eccesso a un gruppo di paesi. Era stato il premier Netanyahu a varare due settimane fa la «diplomazia dei vaccini» incontrando però lo stop della magistratura: aveva fatto tutto da solo senza consultare il gabinetto.
Centomila dosi del vaccino Moderna con ogni probabilità partiranno da Tel Aviv per Cipro, Ungheria, Mauritania, Guatemala, Maldive, San Marino, Etiopia, Ciad, Kenya, Uganda e Guinea. Ciascun paese riceverà circa 5mila dosi. Per ragioni diverse, riferiva ieri l’ong Medici per i diritti umani, migliaia di fiale saranno messe a disposizione di quei palestinesi senza permesso di residenza nello Stato ebraico che hanno lasciato o sono scappati da Cisgiordania e Gaza perché collaborazionisti dei servizi segreti israeliani o perché omosessuali. Dovrebbero essere vaccinati anche quelli sposati con cittadini israeliani ma ancora privi di riconoscimento. Per tutti gli altri niente da fare.
Ciò mentre nei Territori occupati si vivono giorni tra i più difficili dall’inizio della pandemia. Il premier dell’Anp Mohamed Shtayyeh ha riferito ieri con grande allarme che i posti nei reparti Covid e delle terapie intensive sono completi, gli ospedali sono quasi al collasso e che l’aumento dei contagi ha costretto il governo a proclamare un nuovo lockdown. Ciò mentre l’arrivo in Cisgiordania e Gaza dei vaccini Sputnik e AstraZeneca continua a ritardare. La speranza, ha aggiunto Shttayeh, al momento è affidata al programma Covax dell’Oms per la distribuzione di vaccini ai paesi poveri. Israele ha consegnato all’Anp 2mila delle 5mila dosi che aveva promesso.
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