Non è uno da farsi intimidire Saleh Diab, una delle voci più note delle famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah. Stavolta però preferisce mantenere un profilo basso e non esporsi più del dovuto in un momento in cui, dice, i coloni israeliani godono di grande sostegno. «L’ordine di sgombero dalla nostra casa e i raid dei coloni in Cisgiordania a mio parere sono collegati», ipotizza Diab parlando sull’uscio di casa. «Sappiamo che i coloni credono di poter fare tutto ciò che vogliono e sentono di avere tanto appoggio politico. Noi, comunque, non ci arrendiamo e lotteremo per difendere le nostre case, come abbiamo sempre fatto».

È TORNATO un clima cupo a Sheikh Jarrah, a tre anni esatti dalla mobilitazione in aiuto a 28 famiglie palestinesi minacciate di espulsione dal quartiere che diede vita a settimane di raduni e manifestazioni popolari a Gerusalemme Est, nelle città miste in Israele e in Cisgiordania. Furono giorni fertili per l’unità dei palestinesi, interrotti bruscamente dal lancio di decine di razzi da parte di Hamas verso Gerusalemme e dall’offensiva aerea israeliana di 11 giorni contro Gaza costata la vita a circa 260 palestinesi.

La famiglia Diab vive a Sheikh Jarrah dal 1955, e qualche giorno fa è rimasta senza parole. Credeva di essere protetta dalla decisione presa nel 2022 dalla Corte Suprema israeliana, che aveva fermato gli sfratti di quattro famiglie palestinesi nella stessa zona e affidato al ministero della giustizia l’incarico di rivedere tutta la vicenda di Sheikh Jarrah. Un passo che fu interpretato come il risultato delle pressioni internazionali per l’ingiustizia che subivano decine di civili palestinesi. «Lunedì ci hanno ordinato di lasciare entro luglio la casa in cui hanno vissuto tre generazioni della nostra famiglia. Faremo ricorso, non riusciranno a cacciarci via», promette Diab.

La redazione consiglia:
Oltre 100 arresti per le proteste alla Columbia University. Non accadeva dal 1968

Per i giudici quella in corso a Sheikh Jarrah sarebbe soltanto una «disputa immobiliare». E hanno accolto le ragioni della Nahalat Shimon Ltd, un’organizzazione legata alla destra israeliana che ha acquistato terreni appartenenti a famiglie ebree che vivevano a Sheikh Jarrah prima della nascita dello Stato ebraico nel 1948. La legge israeliana permette ai cittadini ebrei di reclamare vecchie proprietà ebraiche mentre non esiste un diritto equivalente per centinaia di migliaia di palestinesi che fuggirono o furono costretti ad abbandonare le loro case durante la fondazione di Israele: dopo il 1948 gran parte delle proprietà arabe furono confiscate, anche a Gerusalemme ovest, e messe sotto la custodia dello Stato con una legge ad hoc.

A SHEIKH JARRAH è in corso una battaglia tra coloni sostenuti dal governo israeliano e i discendenti di sfollati e profughi palestinesi cacciati dalle loro case, ai quali nei primi anni ‘50 le Nazioni unite e la Giordania assegnarono abitazioni a Gerusalemme Est costruite su terreni un tempo appartenuti ad ebrei. Lo scontro è la conseguenza del progetto politico di coloni ed estremisti di destra, impegnati nella «conquista» di Gerusalemme est, la zona araba della città che Israele ha occupato nel 1967 e che ha proclamato unilateralmente parte della sua capitale.

I TRIBUNALI israeliani si sono schierati apertamente con i gruppi di coloni ebrei che cercano di prendere possesso di Silwan, un altro quartiere palestinese a ridosso delle mura della città vecchia. Noam Sohlberg, un giudice della Corte Suprema, ha deciso la scorsa settimana che 15 palestinesi della famiglia Shehadeh dovranno lasciare la loro casa a Silwan, dove vivono dal 1967, entro poco più di un mese.

Sulla scia della guerra contro Gaza, il comune di Gerusalemme ha intensificato le demolizioni di case palestinesi «abusive». Durante i primi nove mesi del 2023, Israele ha demolito un totale di 97 case palestinesi. Ma 87 case sono state rase al suolo a Gerusalemme Est dall’attacco di Hamas alle comunità israeliane e agli avamposti militari nel sud di Israele il 7 ottobre, secondo Ir Amim, un’organizzazione no-profit che monitora le demolizioni di case e difende i diritti dei palestinesi. Esperti ed attivisti dicono che il forte aumento delle demolizioni indica che il comune di Gerusalemme sta sfruttando l’attenzione globale su Gaza, dove sono stati uccisi 34mila palestinesi, per cercare di sradicare altri palestinesi da Gerusalemme Est.

ISRAELE GIUSTIFICA la demolizione delle case arabe sostenendo che erano state costruite senza permessi. I palestinesi replicano di essere costretti a costruire abusivamente perché il comune concede pochi permessi edilizi alla popolazione araba di Gerusalemme. Prima della guerra, c’erano circa 20.000 ordini di demolizione in sospeso e non sono scaduti. «Difenderemo le nostre case» promette Saleh Diab «è un periodo difficile ma non ci arrenderemo».