Visioni

A far la moda comincia tu, gli abiti di un’icona

A far la moda comincia tu, gli abiti di un’iconaRaffaella Carrà – foto Ansa

Sanremo Una mostra dedicata alla showgirl scomparsa nel 2021 al Forte Santa Tecla, in concomitanza con le giornate del festival

Pubblicato più di un anno faEdizione del 12 febbraio 2023

Le icone sono come le sante. Dopo un po’ non ci si ricorda più perché lo sono diventate. Non ci si ricorda dei miracoli. E non ci si ricorda quasi più che oltre a essere «nostra signora della televisione» Raffaella Carrà era meravigliosamente bella. E fresca. E trasgressiva. E piena di vita, di talento, di abnegazione per una professione che non ha solo amato. Ha adorato. Non è una banalità affermare che un’artista incarna la sua arte, pittore, scultore, ballerino, cantante. O Raffaella Carrà. Mentre spira un vento gelido a raffiche increspate della luce della riviera di febbraio, mentre sbocciano le nuove canzoni del 73 esimo Festival della Canzone Italiana, la Rai e l’Italia omaggiano la Carrà con una mostra che, purtroppo -ma speriamo giri il Paese in più tappe (suggestione per gli organizzatori)- resterà visitabile solo fino a oggi (quindi a sola chiusura Festival), al Forte Tecla. A far la moda comincia tu! È aperta al pubblico dalle 10 alle 18.

ATTRAVERSO i 35 abiti in esposizione, tutti perfettamente conservati e originali, non solo si scopre il mondo, e anche le misure, minute e perfette da ballerina stakanovista quale lei era, di Raffaella Carrà, ma in qualche modo anche il mondo di ognuno di noi. Fermo restando che si sia nati non nel XXI secolo ma un filo prima. I vestiti, alcuni in dotazione delle sartorie Rai, altri provenienti da collezionisti privati che li hanno meticolosamente restaurati, rappresentano un po’ delle nostre personalissime madeleine. Chi l’ha detto che la memoria, anche quella dei sentimenti, possa scaturire solo da un sapore o un odore? Una piuma, un glitter, una paillettes, una balza, non sono forse un mezzo pazzesco che ci riporta lì, proprio lì, di fronte al televisore di nonna o di mamma, in una di quelle serate senza fretta in cui noi, bambini e bambine, ci godevamo la lentezza e il privilegio di un tempo senza peso. Che leggerezza. E che rivoluzione, oggi, che lusso, la leggerezza.

Leggerezza. Intrattenimento. Nel senso più alto del termine e dell’impegno. Raffaella dedicò tutta se stessa, a quel mestiere che ha vissuto si può dire come missione.

NON STUPIDITÀ. Leggerezza. Intrattenimento. Nel senso più alto del termine e dell’impegno. Raffaella dedicò tutta se stessa, a quel mestiere che ha vissuto si può dire come missione. E io ci vedo della gratitudine, che è intrinsecamente gioia. La gratitudine e la gioia di poter essere ciò che veramente sei, di fare ciò che realmente vuoi fare. Di esserlo per te e per gli altri, tantissimi altri. Un abbraccio collettivo sul tuo esistere. In nome di questo arrivava per prima, imparava, danzava, cantava. In nome di questo non sarà mai dimenticata. La mostra racconta lei ma anche i «suoi» grandi costumisti-tutte storie narrate in un video documentario molto bello- da Enrico Rufini a Corrado Colabucci, Gabriele Mayer, Stefano Rianda, Gabriella Pera. Ed è Luca Sabatelli a raccontarci di lei, a svelarci la sua anima: «Mi disse una cosa fondamentale: “Se lei mi veste con una tuta di paillettes d’oro, io praticamente ci vado anche al supermercato a fare la spesa. Ma se lei mi porta un vestito stupendo, meraviglioso, che qualche donna ha pure dentro l’armadio, le direi di no. Perché sembrerei una segretaria. Io per essere la Carrà ho bisogno di cose originali, che brillano».

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