Internazionale

9 stranieri arrestati (con uno o più italiani) nell’Iran in rivolta

9 stranieri arrestati (con uno o più italiani) nell’Iran in rivoltaUn’immagine delle proteste nelle strade iraniane condivisa su Twitter

Medio Oriente La comunicazione del ministero dell’Intelligence. In carcere anche centinaia di iraniani, fra cui il cantante Shervin Hajipour

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 1 ottobre 2022

L’Iran ha annunciato che nove persone di nazionalità straniera – tra cui l’Italia – sono state arrestate in relazione alle proteste per Mahsa Amini, la ventiduenne curda morta in seguito all’arresto da parte della polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. «Nove cittadini stranieri provenienti da Germania, Polonia, Italia, Francia, Paesi Bassi, Svezia e altri paesi sono stati arrestati durante o dietro la scena dei disordini», ha affermato il ministero dell’Intelligence. Ancora non si conosce l’identità e il numero degli italiani arrestati.

SONO 350 i nostri connazionali registrati presso la nostra ambasciata a Teheran, ma potrebbe essere un nuovo studente iscritto a un corso di persiano presso l’Istituto Dehkhoda. Non dovrebbe trattarsi di una persona con doppio passaporto – italiano e iraniano – perché in questi casi le autorità di Teheran non riconoscono la doppia nazionalità ma solo quella iraniana.
Continuano le proteste. Ad Ardebil, nell’Azerbaigian iraniano, le donne hanno marciato a piedi nudi scandendo lo slogan Morte al dittatore. In queste due settimane i morti sono 86. Di fronte alle manifestazioni e alla solidarietà dell’Occidente, le forze dell’ordine iraniane reagiscono con violenza. «Per sedare le proteste usano anche autobus del servizio urbano e ieri hanno aperto il fuoco contro i dimostranti», riferisce un giovane dalla capitale.

OLTRE AI NOVE STRANIERI, sono stati fermati 256 membri di gruppi di opposizione, celebrità, giornalisti e due ragazze che facevano colazione in un locale pubblico senza foulard. Tra gli arrestati c’è anche il cantante Shervin Hajipour. La sua Baraye… (in persiano vuol dire ‘per’) inneggia a donne, vita, libertà. In due giorni su Instagram il video è stato visualizzato oltre 34 milioni di volte. L’artista è stato invitato in commissariato e stato arrestato. Un’ora prima, la polizia informatica lo aveva costretto a cancellare il post. Composto dai tweet virali su Instagram in questi giorni di proteste, il brano recita: «Per danzare liberamente per strada, per la paura di baciarsi nei vicoli, per le mie-tue-nostre sorelle, per il cambiamento delle teste marce, per la vergogna e la povertà, per il desiderio di una vita normale, per quei bambini che sopravvivono raccogliendo immondizia, per i loro sogni, per la mala gestione della cosa pubblica da parte del governo, per questa aria inquinata, per viale Vali Asr e i suoi alberi che stanno morendo, per volti felici, per gli studenti, per il futuro, per quelle menti brillanti e quei geni in carcere, per i bambini afgani, per tutti questi slogan vuoti, per quelle case costruite male che crollano, per l’alba dopo lunghe notti buie, per i farmaci psichiatrici e l’insonnia, per le ragazze che vorrebbero essere ragazzi, per la donna, la vita, la libertà».

NEL FRATTEMPO, continuano le manifestazioni di solidarietà. «La Biennale e la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, assieme agli altri festival e istituzioni culturali, devono diventare la voce di chi viene oppresso in modo violento e feroce fino all’omicidio. L’impegno con il flash mob sul tappeto rosso all’ultima Mostra del Cinema a sostegno dei cineasti imprigionati, si rafforza oggi con il pieno sostegno a coloro che manifestano a rischio della propria vita per vedere riconosciuto il diritto alla libertà e ai diritti civili negati con la forza», dichiara Alberto Barbera. Al Superlab di Milano Bicocca, l’artista Paola Risoli fascia a lutto i nove barili da petrolio dell’installazione SITECINEMA_01 realizzata per Superlab Exhibit. Se all’interno ogni barile racconta un mondo emotivo, spesso attraverso figure femminili, sul fianco pende una fascia di tessuto, nero come i veli delle iraniane, su cui spiccano i volti di Mahsa Amini e Hadis Najafi, il luogo e la data della loro uccisione. «La lotta delle donne e degli uomini dell’Iran non può essere taciuta, nemmeno nella quotidianità di un evento espositivo. Tutto perde di senso di fronte a certe uccisioni».

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