La tensione tra la Ue e la Polonia non si placa. Varsavia forza la mano a Bruxelles sulla costruzione di un muro di 180 km alla frontiera con la Bielorussia, votata dal parlamento polacco il 14 ottobre, per un costo di 353 milioni. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, smentendo una dichiarazione ambigua del presidente del Consiglio Charles Michel, ha espressamente escluso che la Ue finanzi muri. Ma nel fronte anti-muro la breccia si allarga: il 7 ottobre, una dozzina di paesi Ue con una lettera a Bruxelles hanno difeso la costruzione di «barriere fisiche» come «una misura efficace» per contrastare le migrazioni (Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia, Austria, Ungheria, Bulgaria, Grecia, Cipro, Slovacchia, Repubblica ceca e Danimarca). La Germania non ha firmato, ma il futuro cancelliere Olaf Scholz ha fatto affermazioni ambigue. In Francia, ieri, il sottosegretario agli Affari europei, Clément Beaune, ha precisato: siamo «a favore di un’Europa che protegge le frontiere, ma non di un’Europa che alza muri».

Nel bilancio pluriannuale Ue 2021-27, ci sono 6,4 miliardi per la «gestione delle frontiere», che permettono di finanziare sistemi sofisticati di controllo (il primo beneficiario è la Grecia con 402 milioni, seguono l’Italia con 380 milioni e la Spagna con 289).

Intanto, sull’indipendenza della giustizia non rispettata da Varsavia, che sta bloccando il versamento dei 24 miliardi del piano di rilancio europeo alla Polonia, ieri c’è stata una nuova decisione della Corte di Giustizia Ue. È giudicata «problematica» la doppia funzione del ministro della Giustizia, il potente Zbigniew Ziobro, che è anche procuratore generale, con il diritto di spostare i giudici “senza spiegazioni”, limitandone l’indipendenza: le nomine e le revoche dei giudici, secondo il diritto europeo, devono essere fatte «sulla base di criteri noti in anticipo e devono contenere motivazioni appropriate» e non essere arbitrarie. La Polonia è stata condannata dalla Corte di Giustizia in ottobre a pagare un milione di euro al giorno fino a quando non smantella il meccanismo disciplinare dei giudici del Tribunale costituzionale.

Multa che si aggiunge ai 500mila euro al giorno che la Polonia deve pagare per aver impugnato la decisione della Corte sulla miniera di Turow, che inquina i paesi confinanti. Ieri, dal Parlamento Ue, che ha già considerato «illegale» la decisione polacca a favore della supremazia del diritto nazionale su quello europeo, è arrivata una lettera firmata dai principali gruppi (Ppe, S&D, Renew, Verdi, Gue), per chiedere che la Commissione «si astenga dall’approvare il Recovery per la Polonia, fino a quando non saranno soddisfatte tutte le condizioni previste dal regolamento». La lettera sottolinea che «un governo che nega il primato del diritto Ue e viola i principi dello stato di diritto non è affidabile».

La Corte di Giustizia ieri si è di nuovo espressa contro l’Ungheria e la “legge Soros”, che punisce il «sostegno a chi richiede protezione internazionale», criminalizzando l’asilo dei migranti che provengono da pesi che Budapest considera “sicuri”.