Il conteggio dei morti nel massacro della scorsa settimana a Kishishe nel Nord Kivu è vertiginosamente salito: da 50 civili uccisi si è arrivati a 272 morti. Lo ha dichiarato il ministro dell’Industria congolese, Julien Paluku, durante una conferenza stampa con il portavoce del governo Patrick Muyaya. «Non posso dare dettagli dell’attacco. Un’indagine è stata aperta dal procuratore generale» ha affermato Muyaya, che ha concluso dichiarando che quello che si sa «è che dei bambini sono stati uccisi in una chiesa avventista e in un ospedale».

Le Nazioni unite hanno ricevuto diverse denunce riguardo l’uccisione di un alto numero di civili durante gli scontri tra i ribelli dell’M23 e l’esercito congolese a Kishishe, ma non sono state fornite ulteriori informazioni. La missione di pace dell’Onu nella Repubblica democratica del Congo ha fatto sapere che se le notizie dei massacri fossero confermate potrebbero rappresentare «crimini che ricadrebbero sotto la legge umanitaria internazionale».

Lunedì, mentre venivano dati i numeri del massacro di Kishishe, il segretario di Stato americano Antony Blinken, in una telefonata con il presidente del Ruanda Paul Kagame, ha chiesto la fine di «qualsiasi sostegno esterno ai gruppi armati nella Rdc, compresa l’assistenza del Ruanda all’M23». Blinken ha anche condannato l’incitamento all’odio contro le comunità ruandesi nella Repubblica democratica del Congo. Non si è fatta attendere la risposta del ministro degli Esteri ruandese, Vincent Biruta, che su Twitter ha dichiarato che «rimangono differenze nella comprensione della questione e un approccio sbagliato e fuorviante della comunità internazionale continua a esacerbare il problema». Biruta ha anche sottolineato che il Ruanda non sostiene l’M23: «Una soluzione duratura richiede che la responsibilità sia collocata al suo posto» ha concluso il ministro ruandese.

Queste ultime affermazioni fanno eco a quelle della scorsa settimana del presidente del Ruanda Paul Kagame che, dopo aver ribadito che il suo paese non appoggia in nessun modo i ribelli dell’M23, ha accusato la sua contro parte congolese, Félix Tshisekedi, di voler mantenere la crisi nel Nord Kivu per far saltare le elezioni presidenziali in programma il 20 dicembre 2023 nella Rdc. Mentre la condizione di sicurezza nella regione nell’est del Congo va sempre peggiorando l’Onu fa sapere che «gli sfollati interni hanno raggiunto le 400 mila persone nell’ultimo mese e l’accesso degli aiuti umanitari nella regione è sempre più difficoltoso».