Il 2 maggio del 2014 è ancora oggi una delle pagine più nere della storia recente dell’Ucraina: un rogo all’interno della casa dei sindacati ha provocato 46 vittime ufficiali, una decina delle quali morte perché provarono a buttarsi dalle finestre dell’edificio per salvarsi. Nonostante siano passati otto anni e siano state condotte indagini (anche da Onu e organizzazioni indipendenti come quella del gruppo «2 maggio») da parte del governo ucraino, a prescindere da chi da allora ne è stato a capo, non è mai stata svolta alcuna inchiesta sulle cause della strage.

Evento che per altro è uno dei punti su cui ha più insistito il presidente russo Vladimir Putin nei suoi vari discorsi che hanno preannunciato l’invasione dell’Ucraina e che ancora oggi divide i due «fronti», macinata da propagande e utilizzo di video e immagini a proprio vantaggio o svantaggio.

Di sicuro c’è la dinamica dei fatti: innanzitutto lo svolgimento di un corteo di tifosi in occasione di una partita di campionato previsto per quel giorno, considerato dalla stessa polizia a rischio in quanto formato anche da attivisti pro Maidan, compresi alcuni elementi delle frange neonaziste che di fronte alla risposta dei Berkut guidati dall’allora presidente ucraino, il filorusso Yanukovich, avevano preso il controllo di una piazza inizialmente molto più eterogenea, finendo per monopolizzare contenuti e approccio militare (anche sulla Maidan esistono molte inchieste indipendenti che attribuiscono responsabilità sia alla polizia armata da Yanukovich sia ad alcuni gruppi di estrema destra, come Pravy Sektor e altri).

Il corteo ben presto si affronta con un manipolo di manifestanti «pro federalismo», espressione con cui venivano indicati allora gli ucraini filo-russi, o quanto meno favorevoli a una forma di governo meno centralizzata e più capace di tutelare le minoranze russofone.

Come testimoniano tutte le indagini i due gruppi vengono ben presto a contatto, finché una parte dei «filo-russi» si barrica all’interno di un supermercato mentre fuori i militanti di estrema destra preparano bottiglie molotov. Schiacciati dalla pressione dei militati di estrema destra, le persone barricate nel supermercato si spostano nella vicina sede dei sindacati locali.

A quel punto – ci sono moltissimi video ormai a disposizione – comincia un fitto lancio di molotov da fuori, cui rispondono dall’interno. Il fuoco comincia a divampare tra i piani, alcuni muoiono nel rogo, altri come detto si buttano dalla finestra. Le cause della strage, secondo ad esempio l’indagine delle Nazioni unite e del gruppo del «2 maggio» composto da giornalisti, esperti balistici di entrambi i fronti, non sono attribuite specificamente a un gruppo o all’altro quanto all’inefficienza dei pompieri, giunti dopo ben 43 minuti dalla chiamata.

Secondo alcuni testimoni, però, alcune persone sarebbero state giustiziate dai militanti di estrema destra e le vittime sarebbero molte di più di quelle «ufficiali».