1930, l’America degli ultimi incrocia le braccia
Venezia 73 James Franco dirige e interpreta «In Dubious Battle», presentato nella sezione Cinema in Giardino. Tratto dal romanzo di Steinbeck, mette in campo i conflitti tra proprietari terrieri e braccianti
Venezia 73 James Franco dirige e interpreta «In Dubious Battle», presentato nella sezione Cinema in Giardino. Tratto dal romanzo di Steinbeck, mette in campo i conflitti tra proprietari terrieri e braccianti
Sono gli ultimi e gli esclusi i protagonisti del nuovo film di James Franco, In Dubious Battle, presentato nella sezione Cinema in giardino e tratto da un romanzo omonimo di John Steinbeck. Un film corale – «in ogni scena mi trovavo a dirigere migliaia di persone» racconta il regista alla conferenza stampa veneziana – perché incentrato sul grande sforzo collettivo dello sciopero: quello di un immaginario gruppo di raccoglitori di mele nella California della Grande Depressione.
I lavoratori stagionali, giunti nei campi di mele spendendo tutti i loro risparmi, si ritrovano di fronte il padrone – interpretato da Robert Duvall – che spiega di non poter pagare la cifra pattuita di tre dollari al giorno: se vogliono lavorare dovranno accontentarsi di uno solo .
Tra i raccoglitori, però, ci sono anche degli «infiltrati» appartenenti alla sinistra radicale dell’Industrial Workers of the World – il loro capo Mac è interpretato dallo stesso regista – il cui scopo è proprio scatenare lo sciopero e farne un esempio per l’intero paese. «Col tempo ho compreso che potevo conciliare la mia passione per il cinema con quella per la letteratura americana, in cui ho fatto un dottorato di ricerca» spiega James Franco, che con In Dubious Battle aggiunge un altro tassello al suo lavoro cinematografico sui grandi classici della letteratura statunitense dopo aver diretto ben due adattamenti da Faulkner: Mentre morivo e L’urlo e il furore.
La scelta è ricaduta proprio su questo romanzo di Steinbeck, il meno noto della sua trilogia sulla Dustbowl, «Perché ha un respiro molto ampio, mette in campo un conflitto – quello tra lavoratori e proprietari terrieri – che attraversa tutta la vicenda, a cui la trasposizione sul grande schermo poteva aggiungere qualcosa e che allo stesso tempo mi consentiva di raccontare le storie delle persone coinvolte».
In Dubious Battle – aggiunge infatti Franco – «Riguarda più i conflitti interiori dei protagonisti che non l’aspetto politico dello sciopero, perché risale ad un’epoca in cui Steinbeck non era stato ancora testimone delle condizioni terribili in cui vivevano i lavoratori, e il suo intento era più dare un quadro complessivo delle ragioni di tutte le parti coinvolte».
Come filmmaker al lavoro oggi su quel materiale, James Franco spiega di essersi ovviamente sentito più coinvolto dalle ragioni degli sfruttati, per cui il suo film si concentra quasi interamente su di loro, parlando anche all’America di oggi in cui «La working class è sempre più abbandonata a se stessa: finché una minoranza deterrà la maggior parte della ricchezza ci sarà sempre bisogno di storie come questa».
Una storia, quella raccontata nel film, su cui però interviene con molta cautela e rispetto, rinunciando a problematizzare il testo e a renderlo più attuale e personale come aveva invece fatto con Child of God di Cormac McCarthy, su cui era impressa la sua personale visione del protagonista – un serial killer figlio di un mondo altrettanto disumano – a suo modo anche lui un underdog, uno di quei reietti lasciati indietro dalla Storia.
Preferendo sovrapporre la sua visione a quella ancora pre-politicizzata dello Steinbeck dei tempi di In Dubious Battle, James Franco realizza un buon compendio visivo di un classico letterario, ma rinuncia a dire la sua su un conflitto quanto mai attuale.
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