Zuppi da Biden: niente «pace», solo questioni umanitarie
Il limite ignoto Si conclude la missione del cardinale a Washington. Incontro quasi «clandestino»: niente foto e comunicato di poche parole
Il limite ignoto Si conclude la missione del cardinale a Washington. Incontro quasi «clandestino»: niente foto e comunicato di poche parole
Si è conclusa ieri la terza tappa della “missione di pace” della Santa sede che, dopo le trasferte a Kiev e Mosca, ha inviato il cardinale Zuppi a Washington. L’obiettivo era di «scambiare idee e opinioni sulla tragica situazione attuale in Ucraina» e «sostenere iniziative in ambito umanitario per alleviare le sofferenze delle persone più colpite e più fragili, in modo particolare i bambini», spiegava alla vigilia della partenza per gli Usa di Zuppi la nota vaticana, in cui non era presente la parola «pace», evidentemente sapendo che non sarebbe stata gradita da Washington.
Martedì pomeriggio (in Italia era notte) si è svolto l’incontro clou della missione, fra l’inviato del papa e Biden. Due ore di colloquio in cui, come ha riferito la Casa bianca, i due «hanno discusso degli sforzi della Santa sede nel fornire aiuti umanitari per affrontare le diffuse sofferenze causate dalla continua aggressione della Russia in Ucraina, nonché dell’impegno del Vaticano per il ritorno dei bambini ucraini deportati con la forza». E anche qui – ma era abbastanza scontato – non vi è traccia della parola pace.
Colpisce il fatto che l’incontro è stato quasi “clandestino”: un comunicato laconico, nessuna immagine, nonostante Biden sia il secondo presidente cattolico della storia Usa. Chiara quindi la volontà di Washington di mantenere un profilo basso, quasi di nascondere il colloquio, per non lasciare il minimo spiraglio, anche dal punto di vista del discorso pubblico, a soluzioni politiche o a ipotesi di piani di pace, ma solo a questioni umanitarie.
È utile quanto ha scritto ieri su Avvenire Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, che sta collaborando alla missione vaticana (con Zuppi a Mosca c’era il vicepresidente di Sant’Egidio, Adriano Roccucci): «Gli Usa non rappresentano un attore qualsiasi nel conflitto», ma hanno una «forte implicazione collaterale nella vicenda bellica», in uno scenario da «guerra fredda, ma in un equilibrio mondiale profondamente cambiato e con un’altra superpotenza in campo», la Cina. La prossima tappa di Zuppi sarà Pechino?
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