Zero contagi significa zero errori: rimossi i boss del Partito di Xi’an
Cina I funzionari sono stati rimossi dal comitato provinciale dello Shaanxi per «rafforzare la prevenzione epidemica e il controllo del distretto»
Cina I funzionari sono stati rimossi dal comitato provinciale dello Shaanxi per «rafforzare la prevenzione epidemica e il controllo del distretto»
Zero contagi, zero errori. La «fedina pandemica» del Partito deve restare intonsa. Non sorprende dunque la sorte di Wang Bin e Cui Shiyue, presidente e vicepresidente del comitato distrettuale del Partito comunista cinese di Yanta, a Xi’an.
I funzionari sono stati rimossi dal comitato provinciale dello Shaanxi per «rafforzare la prevenzione epidemica e il controllo del distretto». Pochi giorni fa, la Commissione centrale per l’ispezione disciplinare aveva avvertito che 26 ufficiali sarebbero stati puniti per gli errori e per l’insufficiente rigore. Serviva una risposta anche alle lamentele di diversi abitanti sull’irregolarità e la scarsità dei rifornimenti di cibo e beni di prima necessità. Intanto, per la prima volta dopo una settimana i nuovi casi a Xi’an sono scesi sotto i 100. Dei 101 contagi «locali» a livello nazionale, 91 sono stati registrati proprio nel terminale dell’antica Via della Seta. A un mese esatto dai Giochi invernali di Pechino, il governo non può correre nessun rischio. Ogni focolaio va estirpato per consentire all’evento di andare in scena senza interferenze, seppure blindato come i confini del paese, anche perché non si conosce l’efficacia dei vaccini prodotti localmente (i soli approvati) contro la variante.
Una strategia la cui efficacia viene rivendicata dal Partito, che può esporre i numeri di casi e decessi dall’inizio della pandemia, infinitamente più bassi rispetto a quelli dei paesi occidentali. Dopo i primi mormorii degli scorsi mesi, soprattutto dal mondo del business, la rapida diffusione della variante Omicron in Europa ha cementato la linea del Partito e rafforzato la sua narrativa.
Finora anche i dati economici hanno dato ragione alla Cina, in particolare nel 2020 quando è stata l’unica grande economia a crescere. Ma proprio dall’economia potrebbe arrivare qualche segnale negativo. Secondo il colosso finanziario giapponese Nomura «gli shock dal lato dell’offerta dovuti ai costi della politica nazionale zero Covid» rappresentano un ostacolo all’economia cinese.
Già il 2021 dovrebbe chiudersi con un rallentamento della crescita e sul 2022 aleggiano scenari foschi per il settore immobiliare e gli effetti della vasta campagna di rettificazione che sta colpendo (o meglio, correggendo) diversi comparti. Il Partito si prepara ad attutire politicamente e narrativamente il contraccolpo insistendo sulla necessità di una crescita più stabile e meno rischiosa, nonché sul rilancio della prosperità comune secondo Xi Jinping.
Morgan Stanley sottolinea però che Pechino è l’unica grande economia che sta continuando ad applicare politiche di stimolo e prevede un allentamento alle «tre linee rosse» imposte al settore immobiliare. Secondo la banca d’affari di New York l’export resterà forte anche nel 2022, mentre a rallentare potrebbe essere la transizione green: per non rischiare nuove turbolenze energetiche, Pechino potrebbe prolungare il pit stop nella lunga marcia verso l’abbandono del carbone.
Su tutto pesa un’incognita: l’andamento della pandemia. Secondo gli analisti, la strategia zero contagi andrà avanti per tutto il 2022 e forse oltre.
Non solo per gli importanti appuntamenti che vanno dalle Olimpiadi al congresso che dovrà ufficializzare il terzo mandato di Xi, ma anche e soprattutto perché questa politica è diventata il segno distintivo (e metro di paragone) utilizzato dal Partito per mostrare la sua superiorità gestionale. La scommessa è quella di passare indenni il momento più difficile e semmai accettare la diffusione del virus quando sarà meno letale. Ma, come sanno Wang e Bin, zero contagi significa anche zero errori.
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