Washington arresta ricercatrice cinese fuggitiva: «è una spia»
Usa vs Cina Pompeo infiamma gli animi accusando Pechino di tirannia. Xi chiude il consolato americano di Chengdu
Usa vs Cina Pompeo infiamma gli animi accusando Pechino di tirannia. Xi chiude il consolato americano di Chengdu
La risposta di Pechino alla chiusura del consolato cinese nella città texana di Houston non si è fatta attendere. Ieri la Cina ha ordinato l’espulsione dei diplomatici statunitensi dalla sede di Chengdu, nel Sichuan, senza però imporre un termine massimo come aveva invece fatto Washington con i funzionari cinesi. Tra i cinque consolati americani che poteva colpire, Pechino ha deciso di chiudere quello a sud del Paese, ritenuto meno importante rispetto alle sedi di Guangzhou, Shanghai, Shenyang, Wuhan, Hong Kong e Macao.
Secondo alcuni analisti, l’assenza di disposizioni specifiche e la scelta del consolato nel Sichuan si devono leggere come la volontà cinese di consentire agli Stati Uniti di ripensare alla misura adottata. Una mossa, inoltre, per evitare un deterioramento delle relazioni tra i due Paesi, nonostante le accuse che uno muove contro l’altro. Il segretario di Stato Mike Pompeo, il falco della Casa Bianca, ha sferrato un duro attacco contro il Partito comunista cinese, lanciando un appello alla comunità internazionale affinché il «mondo libero trionfi contro la nuova tirannia» della Cina. L’invito a sovvertire il regime cinese è stato pronunciato nella Richard Nixon Presidential Library di Yorba Linda, in California, luogo simbolo intitolato in onore dell’ex presidente che nel 1972 ha dato il via a una nuova era delle relazioni sino-americane. D’altro canto, Pechino accusa Washington di interferire negli affari interni del Paese, con una formula utilizzata spesso dal Partito per allontanare le affermazioni delle potenze straniere e non dover giustificare azioni controverse.
Nel rimbalzo di colpe, l’amministrazione americana ritiene necessaria la chiusura del consolato di Houston, considerato epicentro di operazioni di spionaggio cinese negli Usa. Al centro dell’attenzione dell’Fbi ci sono le attività sovversive portate avanti dai militari cinesi che, entrando negli States come ricercatori con visti falsi per nascondere la loro affiliazione all’Esercito Popolare di Liberazione, sfruttano la permanenza nel Paese per reperire illecitamente informazioni tecnologiche, militari e scientifiche dalle università americane.
Negli ultimi anni, l’intelligence statunitense ha registrato un aumento delle attività di spionaggio per conto di Pechino. Secondo un report del think tank americano Csis, il 57% delle persone cinesi che svolgono operazioni sovversive negli Stati Uniti sono funzionari militari o governativi, con un incremento che si è registrato nell’ultimo decennio pari al 73%. L’Fbi sta svolgendo indagini su tutto il territorio nazionale per cercare di individuare chi ha mentito sui visti. Il Dipartimento di Giustizia statunitense ha fermato quattro cittadini cinesi accusati di aver nascosto il loro legame con le forze armate della Repubblica Popolare. Si tratta di Wang Xin, Song Chen, Zhao Kaikai e Tang Juan.
Il nome di Tang è balzato alle cronache internazionali dopo aver cercato rifugio nel consolato cinese a San Francisco il 20 giugno scorso per sfuggire all’arresto. Per le autorità americane, Tang, entrata negli Usa il 27 dicembre 2019 con un visto per partecipare a un programma di scambio culturale, ha mentito sul suo passato militare. Durante il suo lavoro di ricerca all’Università della California a Davis, la donna è stata intervistata più volte dall’Fbi, negando di essere un membro dell’esercito cinese.
Come è accaduto l’ultima volta il 20 giugno scorso, quando i federali le hanno mostrato foto in cui era ritratta in uniforme militare con evidenti connessioni con l’Air Force Military Medical University, uno dei più importanti istituti militari di medicina della Cina.
Ieri Tang è finita nelle mani dei funzionari americani, anche se ancora non si sa se sia stata catturata dall’Fbi o consegnata dal consolato di San Francisco.
Quando comparirà davanti alla corte del Tribunale distrettuale della California, potrebbe rivelare lo scopo reale della sua presenza negli Usa.
In caso di condanna, la ricercatrice, come gli altri tre cittadini cinesi, rischia una pena massima di 10 anni di reclusione e una multa di 250.000 dollari. Se le accuse dovessero essere fondate, si aprirebbe un altro fronte del conflitto sino-americano.
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