La sorprendente e inaspettata vittoria elettorale del Movimento Semilla e di Bernardo Arevalo, neppure quotati dai sondaggisti alla vigilia del primo turno delle presidenziali, ha scatenato le reazioni golpiste delle istituzioni corrotte del Guatemala. La Procura della Repubblica ha cercato già prima del ballottaggio del 20 agosto di far saltare il banco provando a mettere fuori gioco il partito di Arevalo, ma la sospensione del Movimento Semilla è arrivata dopo i tempi supplementari e a risultato acquisito.

Il paragone sportivo racconta della perseveranza strutturale di Maria Consuelo Porras e della sua squadra in Procura per squalificare il vincitore delle elezioni. Nuova puntata di questa triste partita, che utilizza la giustizia come ultimo baluardo dei poteri guatemaltechi che non possono accettare che un sociologo anti-élites e anti-corruzione possa governare e mettere in discussione anni di privilegi asimettrici, è andata in scena venerdì 8 dicembre. Con una conferenza stampa la Procura ha detto che le elezioni vanno rifatte, perché non sono valide a causa di manomissioni nel sistema informatico di conteggio dei voti.

È stato emesso un mandato di cattura per due membri del Tribunale supremo elettorale (Tse) ed è stato chiesto, almeno per la terza volta dal 2 ottobre a oggi, di togliere l’immunità parlamentare ad Arevalo e alla sua vice Herrera. Ciò ha sollevato le reazioni dello stesso Tse, secondo cui non c’è nessuna evidenza che le elezioni vadano rifatte e che «tutte le eletti e tutti gli eletti, il 14 gennaio, dovranno assumere i propri ruoli, in caso contrario si verificherebbe una rottura dell’ordine costituzionale».

A supporto di Arevalo e Herrera ed in difesa della democrazia in Guatemala sono arrivati i comunicati stampa di decine di associazioni e reti in difesa dei diritti umani. Non solo: anche il premier spagnolo Pedro Sánchez e il presidente colombiano Gustavo Petro hanno condiviso le loro preoccupazioni per il tentativo di colpo di stato e solidarizzato con Arevalo. Ancora prima è arrivata la presa di posizione dell’Organizzazione degli Stati americani, poi della Norvegia. È intervenuto anche Josep Borrell e quindi la parola unitaria dei 27 paesi membri dell’Unione europea. Netta la posizione e l’appoggio al risultato elettorale del 20 agosto da parte dell’Amministrazione Usa.

I popoli indigeni e originari che dal 2 ottobre sono in presidio permanente davanti al Ministerio Publico (Procura) hanno risposto con una nuova manifestazione di piazza con migliaia di persone ad accompagnarli, per difendere l’idea di un vero cambio democratico nel paese centroamericano.

Da ben 69 giorni uno sciopero generale a trazione indigena accompagna e detta i tempi di un popolo che con l’elezione di Arevalo e Herrera sogna un cambio di paradigma anche istituzionale, dove la corruzione strisciante lasci il posto a diritti per tutte e tutti.