Voto all’estero, l'”equivoco” di Renzi
Referendum Lettera come premier a quasi cinque milioni di italiani iscritti all'Aire per invitarli a votare Sì. Ma era a nome del partito, che l'ha anche pagata: "Scrive come segretario e non come premier". Però si presenta come "rappresentante" dell'Italia nel mondo. E a Gargani che ha chiesto gli elenchi per il comitato del No sono stati dati senza indirizzi
Referendum Lettera come premier a quasi cinque milioni di italiani iscritti all'Aire per invitarli a votare Sì. Ma era a nome del partito, che l'ha anche pagata: "Scrive come segretario e non come premier". Però si presenta come "rappresentante" dell'Italia nel mondo. E a Gargani che ha chiesto gli elenchi per il comitato del No sono stati dati senza indirizzi
L’equivoco, se di questo si tratta, lo ha alimentato la ministra Boschi. Rivolgendosi giovedì ai comitati per il Sì che hanno sede all’estero, ha annunciato una lettera agli elettori italiani nel mondo «del presidente del Consiglio, contemporaneamente, ma non insieme fisicamente altrimenti scatta la polemica, alla scheda elettorale» per il referendum. Il testo di questa lettera, che è ovviamente un elenco delle meraviglie della riforma costituzionale concluso dall’invito a votare Sì, è una conferma dell’equivoco, se ancora di equivoco si tratta. Perché Renzi scrive come «orgoglioso rappresentante del paese che tutti amiamo», cioè come presidente del Consiglio. Di fronte alle prime polemiche, il Pd ha cercato di rimediare assicurando che «si tratta di un’iniziativa elettorale del Pd sostenuta interamente dal punto di vista economico dal partito». Boschi dunque intendeva dire «una lettera del segretario del Pd». La confusione è frequente.
Il caso però non può chiudersi qui, anzi i comitati del No hanno chiesto al presidente della Repubblica un incontro «urgente» per «rappresentare le gravi preoccupazioni in ordine alla correttezza della competizione referendaria con particolare riferimento agli italiani residenti all’estero». Che sono quasi cinque milioni, molti dei quali residenti in Sudamerica dove Maria Elena Boschi si è recata a settembre per tenere comizi per il Sì organizzati direttamente dalle ambasciate (vedi il manifesto del 28 e 29 settembre 2016). I comitati del No hanno chiesto di essere ricevuti anche dal ministro degli esteri Gentiloni – il comitato presieduto da Pace e Zagrebelsky lo aveva chiesto anche parecchi mesi fa, invano – che è il responsabile delle liste degli italiani residenti all’estero iscritti all’Aire (che dovranno votare entro il 1 dicembre ma che ancora non hanno ricevuto il plico elettorale).
Queste liste sono a disposizione dei partiti. Un provvedimento del garante della privacy del 2014 lo chiarisce senza possibilità di dubbio. Qualche dubbio invece c’è su come abbia fatto il segretario del Pd a riceverli, se mediante richiesta regolare (è prevista la possibilità di estrarne copie a pagamento) oppure per le vie brevi, che sono alla portata sua e non di altri. È un po’ gracile, infatti, la replica dei renziani a chi polemizza, basata sul fatto che sia Silvio Berlusconi (nel febbraio 2008) che Pier Luigi Bersani (nel gennaio 2013) hanno preso identica iniziativa. Nessuno dei due era all’epoca a palazzo Chigi e poteva presentarsi agli elettori come «rappresentante» del paese «in ogni viaggio all’estero, ogni volta che ho sentito risuonare l’inno di Mameli con voi, ogni volta che ho incrociato i vostri sguardi orgogliosi, ogni volta che sono riuscito a stringervi le mani».
Ci sarebbe anche una prova del trattamento privilegiato riservato al capo del governo. La fornisce Giuseppe Gargani, ex deputato Dc e parlamentare europeo di Forza Italia, che attualmente presiede il Comitato «popolare per il No». «Venti giorni fa sono andato a chiedere gli elenchi degli italiani che votano all’estero direttamente al Viminale, sono stati molto gentili e dopo appena cinque giorni mi hanno consegnato un Cd. Dentro ci sono circa quattro milioni di nomi e cognomi, ma nessun indirizzo. Ragioni di privacy, mi hanno spiegato».
L’altro aspetto che preoccupa i sostenitori del No è quello dei costi di spedizione di queste lettere. Il Pd garantisce che tutta l’operazione è stata fatta a carico del partito, e ci mancherebbe. Peraltro il partito – a sentire palazzo Chigi – si è già pesantemente esposto per sostenere il costo del super consulente americano di Renzi, Jim Messina, che sarebbe costato 400mila euro. Per le spedizioni della lettera del presidente del Consiglio/segretario del partito il costo potrebbe essere stato leggermente inferiore, o leggermente superiore. Le Poste garantiscono infatti una tariffa agevolata per la spedizione di materiale elettorale, sotto costo: a prezzo pieno quattro milioni e ottocentomila lettere sarebbero costate 13 milioni e mezzo – più dell’abolizione del Cnel come ha fatto notare l’ex ministro Quagliariello. Esistono invece due tipi di spedizione agevolata, una semi gratuita (4 centesimi) e una a prezzo contenuto (16 centesimi). Ma se le lettere non sono ancora partite, solo la seconda garantisce che il messaggio di Matteo Renzi possa arrivare in tempo per il referendum.
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