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Volontari nell’Ucraina apocalittica

Volontari nell’Ucraina apocalitticaUn soldato ucraino a Blahodatne – Ap

Il limite ignoto Da Kiev a Mykolayiv, gli ucraini si organizzano dal basso per ricostruire, sminare, mandare il necessario al fronte, perfino per sostituirsi alle amministrazioni locali spazzate via

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 16 gennaio 2024

Il popolo ucraino è stretto in una morsa, il morale è messo a dura prova e i reparti al fronte hanno bisogno di tutto il personale possibile. Prima dell’invasione russa l’esercito di Kiev contava meno di duecentomila soldati, incluso chi svolgeva servizi di leva. Dopo il 24 febbraio si sono costituite le Forze di difesa territoriale (Tro) a cui si sono uniti circa centomila volontari. Molti di questi miliziani sono stati poi reclutati dalle Forze per operazioni speciali (Sso), istituzionalizzando così i loro ruoli con dei contratti. In cambio di stipendio e garanzie sanitarie veniva ceduto il potere decisionale.

GIÀ NEL 2017 era iniziato un processo di centralizzazione per coordinare sotto l’esercito nazionale i battaglioni non regolari attivi dal 2014 nello scontro con le forze separatiste, concedendo però in diversa misura margini di autonomia a unità ultranazionaliste. Tutte le brigate sono dunque ormai ufficializzate e normate, ma alcune hanno scelto di rimanere formazioni volontarie, per preservare una parziale autonomia, se non dal punto di vista tattico militare, quantomeno nella possibilità di autogestione tra combattenti. Questa libertà naturalmente ha un prezzo ed è quello di appartenere a dei reparti che spesso devono provvedere da sé ai propri bisogni. Così si sono attivate delle reti informali di amici, parenti, gruppi artistici, collettivi politici per fare fundraising tramite campagne pubbliche ed eventi, così da inviare alle proprie conoscenze al fronte quanto necessario. Lyila, un’artista volontaria presso Ceramic Beat di Kiev ci racconta degli amici in battaglia, e della disparità di risorse, rispetto alle truppe regolari, che questi scontano. «Veniamo costantemente bersagliati dall’artiglieria nemica. Noi abbiamo giusto le munizioni disponibili sul nostro pick-up, rispondiamo per cercare di tenerli a distanza, ma quando finiamo i colpi possiamo solo stare fermi nelle posizioni e sperare di non essere colpiti».

PER RENDERE al meglio l’effettivo livello di tensione al fronte spiega della volta che un suo amico l’ha chiamata sconvolto chiedendo perché gli avevano spedito un detersivo per lavare gli indumenti contenente fosfato. «Ti avevo chiesto senza!». La ragazza aveva risposto che non l’aveva trovato e non pensava fosse così importante, ma l’amico le aveva spiegato che invece era fondamentale per sfuggire agli avvistamenti dei sensori notturni che ne rilevano le particelle. Così nel cuore della notte la squadra ha rischiato di essere falciata dalle mitragliatrici. «Perché non me l’hai spiegato?» ha poi insistito Lyla. «Perché di te io mi fido» ha tagliato corto il volontario.

Con la militarizzazione dell’intera società civile alcuni giovani hanno iniziato a costruire droni da inviare ad amici e parenti al fronte. Altri, pensando a quando la guerra sarà finita, progettano prototipi di carri da sminamento. Chi ha competenze tecniche e non vuole o non può unirsi all’esercito, contribuisce autonomamente alla resistenza.

INSIEME ad un gruppo di artisti di Beauty Studio abbiamo partecipato alla consegna di alcuni materiali nei villaggi nei pressi di Mykolayiv. Si tratta principalmente di attrezzi per la ricostruzione di case. Di ritorno da Blahodatne ci fermiamo in un grande negozio di utensili. Siamo nel sud del paese, vicino al fronte di Kherson. Dopo la desolazione incontrata nel villaggio devastato dai bombardamenti è impressionante immergersi nell’abbondanza di merci. Blahodatne si trova in mezzo a vaste campagne interamente minate. Diverse famiglie avevano continuato a viverci anche durante i mesi dell’occupazione russa, la maggioranza è poi fuggita in seguito all’annuncio della controffensiva ucraina nell’ottobre del 2022.

A NOVEMBRE, dopo solo un mese, qualcuno è tornato nei territori riconquistati. Oksana racconta di aver trovato uno scenario simile a quello di un film apocalittico. Durante la ritirata i russi hanno bersagliato l’intero villaggio dalla distanza radendolo al suolo. Non un solo edificio è rimasto intatto. Bestiame e abitanti massacrati. Case saccheggiate, private di ogni bene. Secondo molti commentatori e la maggioranza degli ucraini, i soldati russi che combattono in Ucraina vengono in buona parte dalle regioni più povere e remote della Federazione russa. Per questo gli sarà sembrato di avere tra le mani dei tesori nel derubare delle modeste case di campagna. Oggi un gruppo di volontari mappa il paesino per pianificare la ricostruzione. Organizzarsi dal basso è considerato anche un antidoto contro i rischi di speculazione. Il governo ha attivato dei fondi, ma i materiali a disposizione non sono sufficienti. Ci sono le tegole per i tetti ma non le travi portanti, i martelli ma non i chiodi e così via.

LA SITUAZIONE è differente invece in luoghi nevralgici come Kiev, dove i danni vengono prontamente riparati e la gentrificazione non si ferma. Laddove prima non era pensabile costruire palazzoni, perché la cittadinanza intendeva salvaguardare il caratteristico assetto urbano, ora sorgono moderni grattacieli denominati «candele». Offrendo nuovo riparo a chi è rimasto senza un tetto i costruttori hanno guadagnato legittimità. Con il concludersi dell’anno sono aumentati in città i lavori di ristrutturazione, anche in ottica di riqualifica urbana, in modo da utilizzare i finanziamenti stoccati in bilancio entro la scadenza del 2023.
Ciò ha dato il via a proteste nelle principali metropoli ucraine, come Kiev e Odessa. I manifestanti, che si radunano tutti i sabati, chiedono una diversa ripartizione delle risorse. Vogliono che parte del bilancio cittadino venga devoluto alla Difesa piuttosto che alla riqualifica urbana, consapevoli che dietro a grandi cantieri edili c’è sempre un circuito di speculazione, corruzione e clientelismo.

NELLE AREE RURALI, come quelle del sud tra Mykolayiv e Kherson, invece, la distribuzione tra i vari municipi degli aiuti erogati dal governo segue logiche non a tutti chiare. A Luch non c’è più un sindaco, a svolgere le funzioni pubbliche è Svetlana, una donna dall’aspetto stanco, ma determinato, che ha deciso di rimboccarsi le maniche per non lasciare il paese alla deriva. È in lei che ripone la sua fiducia chi è rimasto. È Svetlana a fare pressione per ottenere quanto serve. La ricostruzione è normata da leggi e prassi burocratiche, anche legate alla sicurezza. Lo sminamento dell’area è una questione di primaria importanza, soprattutto dato che tutti gli artificieri sono impegnanti al fronte. E per ricominciare a vivere c’è chi si rimbocca le maniche per farlo da sé, con gli enormi rischi che tale attività comporta.

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