Tra i falchi e le colombe che si danno la caccia nella gabbia della Banca Centrale Europea il governatore uscente di Bankitalia Ignazio Visco è stato collocato tra le seconde. Mediatore, moderato, riflessivo uomo di studi Visco ha condiviso le incerte idee sull’origine dell’inflazione e sul modo di tirarle le redini alzando i tassi di interesse, e dunque anche i mutui. Così facendo sta contribuendo a stroncare il potere di acquisto dei salari che in Italia sono tra i più bassi dei paesi Ocse dagli anni Novanta del secolo scorso.

AL FESTIVAL dell’economia di Torino ieri Visco ha pronunciato un discorso che ha confermato la sua posizione ornitologica . Non è in discussione il fatto che i banchieri centrali – a cominciare da quelli americani della Fed che dettano la linea rispetto a un’inflazione che negli Usa deriva dai servizi- abbiano sbagliato linea. È stato escluso che il record dei prezzi (in Italia al 7,6%, tra i più alti in Europa) sia dovuto all’«inflazione da profitti» senza che ci sia stato un aumento dei costi di produzione e tanto meno uno dei salari che infatti stagnano o calano. Questa situazione è stata causata dalle imprese multinazionali che hanno aumentato i guadagni già con la crisi pandemica e stanno facendo gli affari anche su quella energetica.

VISCO HA RIBADITO che la politica monetaria della Bce «è corretta per tenere sotto controllo le spinte di domanda possibili e garantire il rientro sull’obiettivo di stabilità dei prezzi». «Ma forse – ha aggiunto – io avrei spinto su una gradualità maggiore». Inoltre «la politica monetaria non va lasciata da sola. Occorre accompagnarla con una politica di bilancio accorta e dalla responsabilità delle parti sociali». Per «responsabilità» qui si intende quello che il governo Meloni ha scritto nel Documento di Economia e Finanza: «moderazione salariale». «I salari devono crescere con il crescere dell’economia: se si dovesse mettere in moto la rincorsa prezzi-salari sarebbe illusoria» ha aggiunto Visco.

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DOVREBBE ESSERE sotto gli occhi di tutti il fatto che non esiste alcuna rincorsa tra prezzi-salari. L’attuale inflazione non è quella degli anni Settanta del XX secolo. In Europa ha risentito prima dei blocchi delle catene del valore per il Covid. Con la guerra russo-ucraina è arrivata la speculazione sulle materie prime energetiche e alimentari. Inoltre, come si vede in Italia dai dati Istat, la crescita non porta all’aumento dei salari ma a quello del lavoro povero, sia pure a «tempo indeterminato».

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IN UNO SCENARIO di stagnazione dei salari, e di super-profitti, definire «utile» l’introduzione del salario minimo in Italia ha provocato un sussulto contro il governo Meloni che invece lo ha escluso («È filosofia» lo ha definito la presidente del consiglio con i toni del populismo teorico diffuso). Ma se anche fosse introdotto in una simile cornice economica i risultati di questo «salario minimo» provocherebbero delusioni tra i suoi sostenitori.

IL DISCORSO di Visco va contestualizzato rispetto a quello della presidente della Bce Christine Lagarde il primo giugno scorso al Deutscher Sparkassentag 2023 di Hannover. L’aumento dei tassi di interesse dal -0,5 per cento al 3,25 per cento in meno di un anno continuerà, sia pure in maniera più graduale. Tuttavia i prezzi non scenderanno prima di due anni, nel 2025. «È nostra responsabilità limitare la domanda abbastanza da prevenire una spirale tra l’aumento dei prezzi e l’aumento degli stipendi – ha detto Lagarde – Ciò dovrebbe, a sua volta, portare a una crescita dei margini più lenta e a minori richieste salariali, riducendo al contempo la pressione sul mercato del lavoro». «Vogliamo che le condizioni di finanziamento si inaspriscano. Condizioni più rigide potrebbero già limitare la spesa totale delle famiglie, ma una politica monetaria più restrittiva non influirà sui programmi di vacanza delle persone». Toni da falco, e anche un po’ di cinismo.

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FABIO PANETTA del board della Bce, accreditato alla successione di Visco a via Nazionale, ha detto in un’intervista a Le Monde il 2 giugno di augurarsi che il dibattito politico «si sposti da “quanto in alto?” a “quanto a lungo?». «I cittadini non devono avere timori. Riporteremo l’inflazione al 2%. E l’inflazione è in calo». Non sappiamo quanto l’idea del 2% possa rassicurarli. Ma altri due anni di repressione salariale potranno peggiorare la loro condizione. Senza lotte significative sarà probabilmente peggio.