Via libera definitivo alla consegna dei panzer tedeschi all’esercito di Zelensky. Ieri a larga maggioranza il Bundestag ha approvato la mozione «Difendere Pace e Libertà in Europa – Sostegno globale all’Ucraina» che nonostante non contenga la parola “guerra” è la luce verde all’invio di armi pesanti all’Ucraina.

Diventa dunque istituzionale la svolta politica che stravolgerà la neutralità di Berlino scolpita in Costituzione, anticipata tre giorni fa dalla base di Ramstein dalla ministra della Difesa, Christine Lambrecht.

Fondamentale il soccorso di voti al governo dei democristiani, senza i quali non sarebbe stato possibile raggiungere la maggioranza qualificata dei due terzi. A fine seduta, la conta delle schede ha restituito il voto favorevole di 586 deputati e contrario di 100 (7 astenuti) al testo presentato da Spd, Verdi, Fdp e Cdu-Csu.

Ad opporsi, con l’intero Gruppo compatto, è stata solo la Linke, mentre una parte di Afd si è schierata con il governo nonostante la diversa indicazione del partito. Prima e dopo la votazione i parlamentari della Sinistra hanno inscenato una protesta davanti alla Porta di Brandeburgo srotolando lo striscione «No al fondo speciale per il riarmo».

Il riferimento corre ai 100 miliardi di euro destinati all’ammodernamento della Bundeswehr, pronti a essere stanziati dal ministro delle Finanze, Christian Lindner, il cui provvedimento è atteso al vaglio del Parlamento.

Non sarà semplice, veloce e indolore come il nulla-osta per i panzer all’Ucraina: gli esperti legali del Bundestag hanno avvertito il governo che per il maxi-riarmo ci sarà obbligatoriamente bisogno di una modifica costituzionale.

Per questo l’altroieri a Berlino sono stati già predisposti due disegni di legge; il primo destinato a «colmare le lacune della Bundeswehr soddisfando anche gli obblighi Nato», il secondo prevede la riscrittura dell’articolo 87 della Legge Fondamentale con l’aggiunta del comma che autorizza lo Stato a «istituire una tantum il fondo speciale per le forze armate».

Anche qui sarà imprescindibile il salvagente dei democristiani, al punto che sono già cominciate le trattative fra gli sherpa di maggioranza e opposizione. Il cancelliere Scholz vuole essere sicuro del sostegno dei suoi ex alleati nel governo Merkel, cioè evitare lo sfiancante tiramolla che finora ha contraddistinto la tattica del segretario Cdu, Friedrich Merz.

Prima della seduta sulle armi pesanti per Kiev, Merz aveva minacciato di far votare solo il numero di deputati necessario a garantire il quorum qualificato. Mossa pericolosa per Spd, Verdi e Fdp: sarebbe bastata anche una sola voce disobbediente nella maggioranza di governo per bloccare l’invio dei mezzi corazzati a Zelensky. Mentre il governo Semaforo e l’Union sono concentrati a far convergere la strategia parlamentare, sui contenuti si fa sentire quasi solo la Linke.

«Armare la Bundeswehr non porterà a più sicurezza ma alla crescita in Borsa delle azioni delle imprese belliche. La corsa agli armamenti non ha mai portato alla Pace» è stata la dichiarazione di voto della capogruppo Amira Mohamed-Ali, convinta che «100 miliardi sarebbero meglio spesi per asili, pensioni o per ristrutturare i ponti».

A proposito di ponti, al governo Scholz per ora interessa in primis rompere quello energetico con la Russia. Missione sempre più difficile dopo che ieri il colosso Uniper ha fatto sapere che pagherà le forniture di Gazprom aprendo un conto alla Gazprombank e non in una banca europea. Per l’azienda energetica di Düsseldorf si tratta di una scelta obbligata: lo stop al Nordstream 2, di cui era azionista, le è già costato un miliardo di euro.