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Vertice Erdogan-Putin: business in comune, fronti militari rivali

Vertice Erdogan-Putin: business in comune,  fronti militari rivali

Summit Sochi Poche le informazioni uscite dall'incontro a Sochi: tiene la tregua a Idlib ma Ankara non nasconde il fastidio per i bombardamenti sui jihadisti alleati

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 30 settembre 2021

«La pace in Siria dipende dalle relazioni tra Turchia e Russia», ha detto Recep Tayyip Erdogan, durante l’incontro che ha avuto ieri a Sochi con Vladimir Putin. O piuttosto il proseguimento della guerra, diranno i critici dell’intervento turco e russo, da sponde diverse, nella crisi siriana. Comunque sia Erdogan nelle tre ore di colloquio che ha avuto con il presidente russo ha espresso l’irritazione di Ankara per la situazione nella provincia siriana nord-occidentale di Idlib, soggetta da giorni a una ripresa dei bombardamenti da parte delle forze aeree siriane con l’appoggio dell’aviazione di Mosca contro basi dell’opposizione accanto a postazioni militari turche. Idlib è l’ultima roccaforte dei jihadisti ribelli che la Turchia negli ultimi anni, con la motivazione di proteggere i civili e impedire il flusso dei rifugiati siriani nel suo territorio, ha trasformato in una enorme zona cuscinetto, parte integrante del controllo militare che mantiene lungo tutta la fascia di confine dal Mediterraneo al Tigri finalizzato anche a colpire l’autonomia curda.

Ieri sera gli esiti del vertice russo-turco a Sochi, il primo tra i due leader da un anno e mezzo, non erano chiari. Putin ed Erdogan si sono impegnati di nuovo al rispetto dei termini della tregua del 2020 che aveva fatto di Idlib una «de-escalation zone»? Pare di sì, stando alle dichiarazioni rilasciate da un funzionario turco che, al portale Middle East Eye, ha parlato di «mantenimento dello status quo». Tuttavia, l’accento posto dai due leader sulla cooperazione economica tra i due paesi lascia pensare che sulle questioni strategiche le differenze in realtà restino ampie. «Stiamo cooperando con successo nell’agenda internazionale, intendo sia in Siria che nel coordinamento delle posizioni in Libia. Il centro di controllo del cessate il fuoco russo-turco al confine tra Azerbaigian e Armenia è perfettamente operativo», ha detto Putin. Un po’ poco. Subito dopo il presidente russo ha fatto riferimento in termini entusiastici al gasdotto TurkStream, che è entrato in funzione l’anno scorso e attraverso il quale il gas russo viene pompato nei mercati turchi. «Adesso che assistiamo a processi alquanto turbolenti nel mercato europeo del gas, la Turchia si sente fiduciosa e stabile» grazie ai «progetti su vasta scala» realizzati con la Russia, ha sottolineato Putin ringraziando Erdogan. La scorsa settimana Gazprom ha reso noto di aver fornito dall’inizio dell’anno al 19 settembre un totale di 20,3 miliardi di metri cubi di gas alla Turchia, con un aumento del 153% rispetto allo stesso periodo del 2020.

I rapporti economici tra i due paesi si sono fatti più stretti negli ultimi anni. Gli investimenti turchi totali in Russia hanno raggiunto 1,5 miliardi di dollari mentre gli investimenti russi in Turchia sono cresciuti fino a 6,5 ​​miliardi di dollari. E anche quelli militari sono in evoluzione, come indica la vendita multimiliardaria nel 2019 alla Turchia (membro della Nato) di sistemi antiaerei russi S 400, una vicenda che pesa non poco sulle relazioni difficili tra Ankara e Washington. Allo stesso tempo le relazioni tra Russia e Turchia restano complesse, sempre alla ricerca di un terreno comune per i rispettivi interessi strategici. Oltre al diverso schieramento in Siria, Erdogan e Putin si sono trovati su fronti diversi nel conflitto dello scorso anno tra Armenia e Azerbaigian nella regione del Nagorno-Karabakh. E uno contro l’altro i due leader sono anche in altre aree di crisi, come la Libia e la Crimea che Erdogan non vuole annessa alla

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