Vera Politkovskaja, la lotta per la libertà di madre in figlia
Memoir Affetti e battaglie civili nel volume scritto con Sara Giudice, in libreria per Rizzoli
Memoir Affetti e battaglie civili nel volume scritto con Sara Giudice, in libreria per Rizzoli
Non è solo un omaggio alla memoria degli affetti, al dolore di una perdita che si rinnova ogni giorno. Una madre, il bel libro di Vera Politkovskaja, con Sara Giudice, da oggi in libreria per Rizzoli (pp. 204, euro 19, traduzione di Marco Clementi), è anche un documento che indica come la lotta per la libertà, e la verità, della giornalista uccisa a Mosca il 7 ottobre del 2006 non si sia, malgrado tutto, mai del tutto arrestata.
IN QUESTO SENSO, il fatto che l’uscita del volume coincida con l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, è tutt’altro che un caso. «I primi due anni dopo la morte di mia madre sono stati difficilissimi sia per me sia per tutta la famiglia. Ma l’ultimo anno è stato probabilmente uno dei più difficili della mia vita, perché per la seconda volta la storia della nostra famiglia si è divisa a partire dal 24 febbraio 2022», ha spiegato ieri Vera Politkovskaja in occasione della presentazione a Roma del libro. L’autrice, che aveva 26 anni al momento dell’assassinio della madre e che dopo gli inizi come musicista classica ne ha seguito le orme nel campo dell’informazione, è stata costretta a lasciare la Russia subito dopo l’inizio della guerra e ha completato la stesura di Una madre «al di fuori dei confini della Federazione Russa, cosa che mi ha dato la possibilità di sentirmi più libera nel ricordare la nostra vita».
VERA POLITKOVSKAJA racconta infatti, accanto alla relazione intensa ma a volte burrascosa tra due donne dal carattere deciso, la vita, la passione e le battaglie per la libertà di stampa condotte da sua madre che indagò i crimini di guerra perpetrati dai russi in Cecenia come la corruzione del potere putiniano. Proprio nel ripercorrere la determinazione e la volontà di non arrendersi di fronte ad alcun ostacolo della giornalista della Novaja Gazeta, è però evidente come lo sguardo finisca per abbracciare anche il presente. La «nuova» guerra del Cremlino di cui Vera Politkovskaja è oggi testimone evoca quelle sulle quali sua madre cercò di fare luce: indagini scomode che ha pagato con la vita. Analogamente, oggi, chi a Mosca voglia cercare di raccontare la campagna bellica inaugurata un anno fa da Putin, trova davanti a sé solo porte sbarrate. E minacce.
«I primi giorni, le prime settimane, la sensazione generale era che non fosse successo nulla – spiega Vera Politkovskaja -, la vita continuava nello stesso modo. Poi è accaduto che hanno cominciato a chiudere progressivamente i mezzi di informazione liberi, che non erano tantissimi, però c’erano. Anche cercare informazioni alternative era difficile perché i siti internet sono stati bloccati. In questo preciso momento si può dire che il giornalismo libero in Russia non esiste più».
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