Alias

Venezia 80, un Soldati restaurato

Venezia 80, un Soldati restaurato

Venezia 80 In laguna il prezioso restauro di «La provinciale» di Mario Soldati

Pubblicato circa un anno faEdizione del 26 agosto 2023

Per accogliere al Lido i primi ospiti e giornalisti lieti di vedere un bel film senza doverne scrivere, il festival ha inaugurato da anni la «pre-apertura», ovvero la visione serale, con un giorno di anticipo, di un film classico restaurato, sottolineando in questo modo la propria identità di Mostra d’arte cinematografica, e non (solo) di vetrina per distributori e per un pubblico che affolla le sale del Lido ma non quelle delle città nelle quali vive.

Quest’anno il film di pre-apertura è La provinciale (1953) di Mario Soldati, un omaggio a Gina Lollobrigida, recentemente scomparsa, qui in una delle sue migliori interpretazioni, permettendo inoltre di apprezzare un prodotto medio-alto della cinematografia italiana che si era affermata nel mondo col trionfo neorealista ma che non ha smesso di eccellere poi almeno per altri vent’anni, cosa di cui ci siamo dimenticati ma che le retrospettive ci ricordano puntualmente. Il film è accompagnato dal pregevolissimo Portrait of Gina (1958) di Orson Welles, un documentario in cui il geniale regista, ormai di casa a Cinecittà, intervista la Lollo, già passata da Hollywood, e rende omaggio alla dote tutta speciale degli italiani, che, a suo avviso, con la loro innata teatralità trasformano la piazza in un palcoscenico e se stessi in attori naturali.

Tratto da un racconto di Alberto Moravia del 1937, adattato dal regista, da Sandro De Feo e da Giorgio Bassani (non ancora famoso come romanziere ma già a suo agio nel dipingere con pochi tocchi la ricca borghesia), La provinciale ambienta un racconto scomodo nella soffocante provincia italiana degli anni Cinquanta, non la Perugia della fonte originale ma in una Lucca dalla fredda geometria architettonica.
La trama è complessa dal punto di vista psico-sociale quanto melodrammatica nel meccanismo narrativo: Gemma (Lollo) è una ragazza molto carina ma, nonostante i tratti raffinati, è figlia di una modesta affittacamere e quindi conta su un buon matrimonio per poter uscire dal suo mondo provinciale. Candidato ideale sarebbe l’aristocratico Paolo (Franco Interlenghi) che conosce fin da quando era bambina, ma la madre le confessa che è il suo fratellastro, nato da una relazione extra-coniugale con un conte. Gemma quindi accetta di sposare Franco (Gabriele Ferzetti), pensionante a casa sua, un serio professore, ma questi in realtà le preferisce i suoi studi. Dopo aver incontrato Elvira, una ambigua contessa rumena, sentendosi trascurata, Gemma si concede a un suo conoscente ma la contessa la ricatta e riesce a piazzarsi in casa sua. Quando finalmente si apre per Gemma la possibilità di lasciare l’asfittica provincia e spostarsi a Roma per seguire il marito che lì ha avuto un incarico, la contessa insiste nel volerli seguire; in una esplosione rabbiosa la ragazza l’aggredisce con un coltello. Franco allora si rende conto delle proprie responsabilità in quel che sta succedendo, ovvero di aver trascurato Gemma e quindi scaccia Elvira e si riavvicina alla moglie.

Costruito in modo poco tradizionale con un flash back articolato da diverse voci (Paolo, la madre, Franco) con un buon lavoro di sceneggiatura, con uno stile visivamente raffinato e interpretazioni equilibrate (Ferzetti ricevette un Nastro d’argento), il film non scade nel fotoromanzo, raccontando piuttosto senza moralismi personaggi moraviani immersi in perplessità etiche irrisolte. Soldati utilizza efficacemente gli spazi classicisti della città toscana che evocano De Chirico ma sfociano inaspettatamente in campagna, e che vengono valorizzati dalla fotografia in bianco e nero del grande Aldo Graziati. In questo scenario il regista propone una figura femminile irrequieta come le eroine dei suoi film del «periodo calligrafico» quali Piccolo mondo antico, ovvero donne in lotta contro ambienti sociali aristocratici e conservatori, lasciate sole dai loro compagni, donne che si muovono in paesaggi che le raccontano, in questo caso tra mura antiche che si aprono verso i campi. Mentre nel racconto di Moravia Gemma non era una bellezza, il casting della Lollobrigida crea nel film una dimensione più articolata del personaggio che ne giustifica le aspirazioni di ascesa sociale e analogamente offre all’intraprendente Gina un ruolo che valorizza la sua scalata da Miss (in concorrenza con Lucia Bosè e Silvana Mangano) e interprete di fotoromanzi, a star internazionale, attrice che se la cava da sola, anzi straccia un contratto a Hollywood per non essere «chiusa in una gabbia dorata» e lascia poi il cinema per mettersi dietro l’obiettivo di una macchina fotografica. In questo film, inoltre, Lollobrigida si doppia da sola per la prima volta e può lavorare su un personaggio interessante, anche se è con il film successivo, nei panni della Bersagliera di Pane amore e fantasia che diventa una maggiorata (termine coniato per lei) e una star internazionale che ha potuto interpretare, senza paura di essere smentita, La donna più bella del mondo (Robert Z. Leonard, 1955), ovvero Lina Cavalieri, la cantante bella, indipendente e trasgressiva come lei.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento