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Vendetta dei coloni: le case e le auto di Huwara in fiamme

Vendetta dei coloni: le case e le auto di Huwara in fiamme

Cisgiordania Conflitto aperto in Cisgiordania: all’uccisione di due israeliani, la risposta è l’assalto al villaggio palestinese. Tel Aviv minimizza

Pubblicato più di un anno faEdizione del 28 febbraio 2023

Il quadro è chiaro, inequivocabile. Nella Cisgiordania occupata ormai è conflitto aperto tra abitanti palestinesi e coloni israeliani. Un anno di incursioni «antiterrorismo» continue dell’esercito israeliano nei centri abitati palestinesi, a cominciare da Jenin e Nablus, con oltre 200 palestinesi uccisi, e di blitz punitivi e intimidazioni dei coloni nei villaggi vicini agli insediamenti, non hanno fatto altro che alimentare rabbia, frustrazione e la militanza armata tra gli occupati. E ora siamo giunti allo scontro previsto da molti nei mesi scorsi tra palestinesi e coloni di cui è espressione il governo di destra estrema al potere in Israele dallo scorso dicembre.

Si va avanti da giorni con attacchi e contrattacchi. Al raid del 22 febbraio dell’esercito nella città vecchia di Nablus – 11 uccisi tra cui alcuni civili –, domenica un uomo armato ora latitante ha risposto, almeno così spiegano i palestinesi, uccidendo domenica a colpi d’arma da fuoco due coloni israeliani di Brachà (due fratelli, Hallel e Yagel Yaniv, di 21 e 19 anni; sono stati sepolti ieri) nei pressi del villaggio di Huwara (Nablus). Poche ore dopo, centinaia di coloni hanno dato vita a una rappresaglia di massa contro Huwara, Burin, Zaatara e altri villaggi dove hanno dato alle fiamme oltre trenta case e decine di automobili. Un palestinese Sameh Aqtash, 37 anni di Zaatara, è stato ucciso da un proiettile allo stomaco – sparato dall’esercito non dai coloni, denunciava ieri la famiglia –, altre decine sono stati feriti, alcuni in modo grave. Ieri pomeriggio un altro colono israeliano, di 25 anni, è stato ferito mortalmente da colpi d’arma da fuoco contro la sua auto nei pressi di Gerico ed è spirato all’ospedale. La città è stata circondata e chiusa dall’esercito. L’autore dell’attacco ha preso di mira, senza conseguenze, altre auto israeliane prima di darsi alla fuga. Oltre 60 palestinesi e una dozzina di israeliani sono stati uccisi dall’inizio dell’anno.

Quanto accaduto ad Huwara non può essere descritto solo come una «rappresaglia». I coloni, provenienti dagli insediamenti più militanti nell’area di Nablus e da altre parti della Cisgiordania, hanno messo in atto una vendetta di eccezionale violenza, una gigantesca punizione collettiva che non ha precedenti negli ultimi decenni. I video disponibili sui social mostrano i roghi che d avvolgevano domenica molte abitazioni con all’interno intere famiglie, anche con bambini, che si sono salvate per miracolo. Quale sia stato il ruolo dell’esercito in quelle fasi non è chiaro. Secondo i comandi militari, sarebbe riuscito ad evitare il peggio e a dividere le due parti. Per i palestinesi invece i soldati in molte occasioni avrebbero lasciato fare e protetto i coloni e non chi veniva aggredito. L’attacco è apparso in tutta la sua gravità ieri mattina alle prime luci del giorno: carcasse bruciate di decine di veicoli palestinesi ed edifici anneriti dalle fiamme e in parte distrutti. «Abbiamo rischiato la morte. Non potevamo uscire di casa perché c’erano i coloni e allo stesso restare dentro significava poter morire negli incendi», ha raccontato al manifesto Osama M. un testimone. Lo stesso presidente israeliano Isaac Herzog ha condannato «la violenta e crudele furia contro i residenti di Huwara… È una violenza criminale contro innocenti». Il premier Netanyahu ha esortato i cittadini (i coloni) in Cisgiordania «a non prendere la legge nelle loro mani», aggiungendo che solo le forze di sicurezza possono «vendicare» gli israeliani uccisi. Ma 22 esperti israeliani di diritto internazionale, in una lettera scritta al procuratore generale, sono stati espliciti avvertendo che i fatti di Huwara costituiscono un «crimine di guerra» così come l’istigazione alla violenza da parte di esponenti politici dell’estrema destra.

Parole che non hanno avuto alcun effetto sul deputato della maggioranza Zvika Fogel, del partito di estrema destra Otzma Yehudit e presidente del Commissione per la sicurezza nazionale della Knesset. «Voglio ripristinare la sicurezza per i residenti dello Stato di Israele. Smettiamo di usare la parola proporzionalità. Smettiamola con la nostra obiezione alla punizione collettiva. Togliamo i guanti. Un Huwara chiuso e bruciato: ecco cosa voglio vedere. Questo è l’unico modo per ottenere la deterrenza. Dopo un omicidio come quello di ieri (domenica, dei due coloni, ndr) abbiamo bisogno di bruciare villaggi quando l’esercito non agisce». E parlando a nome di altri deputati di destra ha detto che si vergognava che la coalizione di cui fa parte stesse «balbettando nella sua risposta al terrore palestinese».

Le intese «di sicurezza» raggiunte ad Aqaba dal governo Netanyahu e l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, mediate domenica dagli Usa, sono soltanto parole. La realtà più concreta al momento è una nuova offensiva militare israeliana come quella del 2002, Muraglia di Difesa, che portò alla rioccupazione delle città autonome palestinesi. I morti allora furono molte centinaia, oggi persino di più.

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