Valditara: studenti di origine straniera nelle «classi differenziali»
Ex cattedra Il ministro rilancia il progetto caro alla destra e nel suo ultimo libro tira fuori l'armamentario della retorica paternalista: servono sezioni di «transizione per realizzare una vera integrazione»
Ex cattedra Il ministro rilancia il progetto caro alla destra e nel suo ultimo libro tira fuori l'armamentario della retorica paternalista: servono sezioni di «transizione per realizzare una vera integrazione»
Il governo Meloni aggiunge un altro tassello al progetto di scuola classista su cui la destra lavora da quasi venti anni e che ora raggiunge concretezza attraverso i provvedimenti del ministero dell’Istruzione (e merito). Questa volta l’attenzione di Giuseppe Valditara si sposta sugli studenti di origine straniera, non meritevoli, per usare un verbo caro all’ideologia liberista, di stare nell’aula con gli italiani perché li «rallentano» e li «danneggiano».
L’IDEA del titolare di viale Trastevere sulle «classi di transizione», un termine elegante per dire «differenziali», non coglie di sorpresa. Già a gennaio scorso, durante un’intervista sulle polemiche seguite alle parole di Ernesto Galli Della Loggia sull’inclusione, il ministro aveva sondato il terreno parlando di «sistema (di accoglienza, ndr) che non funziona» e aveva concluso: «Per gli stranieri occorrono forme diverse». Ed ecco queste «forme diverse» nel dettaglio, così come presentate ieri sulle pagine amiche di Libero: «Ogni scuola dovrebbe verificare all’atto di iscrizione le competenze dei ragazzi immigrati – ha detto il ministro -. Dopodiché dovremmo lasciare alle scuole la scelta fra l’inserimento tout court nelle classi esistenti o, se ci sono dei deficit molto rilevanti, il ragazzo straniero viene inserito in una determinata classe, tuttavia le lezioni di italiano e matematica le frequenta in una classe di accompagnamento».
IL TUTTO AMMANTATO di paternalismo («noi vogliamo il bene di questi ragazzi»), lastricato di buone intenzioni («vogliamo realizzare una vera integrazione»), giustificato dal fatto che «in Germania e Francia fanno così» e accompagnato da slogan come «basta ghetti» anche se la sua proposta, al contrario, rischia di crearne molti. L’uscita sui figli dei migranti non è dettata dalla cronaca, come altri provvedimenti del ministro, è invece un’idea a lungo coltivata e strutturata nella destra italiana, a partire da quella leghista. Come già i suoi predecessori, anche Valditara ha affidato a un libro la sua visione dell’istruzione. Ne La scuola dei talenti, uscito pochi giorni fa per Piemme, oltre a presentare il Sessantotto e la sinistra come colpevoli del declino della scuola, il ministro dedica ampio spazio agli studenti di origine straniera: dati, statistiche, esempi a supporto dell’idea che si includa escludendo.
SI DICE FAVOREVOLE alla contestata legge su immigrazione e asilo voluta da Macron che esige la conoscenza elementare del francese per i ricongiungimenti familiari. È possibile che queste idee diventino presto provvedimenti dell’esecutivo Meloni, quello che è certo, però, è che fa scendere il dibattito sulle seconde generazioni a un livello ancora più basso, perché sono insidiose anche rispetto al concetto di Ius Scholae. Valditara è consapevole che sono concetti scivolosi e nell’intervista mette le mani avanti rispetto a eventuali critiche: «Dobbiamo decidere se far prevalere l’ideologia o soluzioni realistiche», dice, ma ottiene l’effetto opposto. «È una proposta irricevibile – commenta la dem Cecilia D’Elia, senatrice e capogruppo in Commissione Scuola -, Valditara ascolti la scuola e dia risposte concrete, con risorse adeguate. Servono mediatori e mediatrici culturali, supporto scolastico e lezioni di lingua italiana per stranieri L2, così si affronta una questione seria, non con la propaganda». Anche Irene Manzi, che invece del Pd è responsabile scuola, parla di «proposta ideologica per strizzare l’occhio al proprio elettorato».
PER IL M5S «la separazione vagheggiata da Valditara rischia di creare danni maggiori di quelli già esistenti». I capigruppo pentastellati in commissione Cultura alla Camera e al Senato, Antonio Caso e Luca Pirondini, si chiedono: «Se un alunno non raggiunge il livello di competenza richiesto che fine fa? Resta in classe separata all’infinito? Che risorse intende stanziare il ministro per incrementare l’inclusione?».
DAL FRONTE SINDACALE, se la Cisl Scuola guidata da Ivana Barbacci si dichiara, come sempre, «disponibile ad aprire una discussione e un confronto ampio su questi temi», Flc Cgil e Uil Scuola stoppano il ministro. «Il principio guida dovrebbe essere quello di garantire i diritti nel tempo: all’istruzione, all’integrazione e all’inclusione e dare risposte di qualità, durevoli e stabili alle scuole che possono, in autonomia, organizzare la risposta per il migliore inserimento» ha detto il segretario generale Uil Scuola, Giuseppe D’Aprile. «Siamo fermamente contrari a ipotesi di classi differenziali – ha dichiarato anche Gianna Fracassi, segretaria generale Flc Cgil -, Valditara continua a fare annunci di riforme a mezzo stampa, noi pensiamo invece che l’inclusione passa da un potenziamento dell’offerta formativa».
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