Vaghe luci di città
Cartelli di strada Illuminazioni, strade, città piene e vuote
Cartelli di strada Illuminazioni, strade, città piene e vuote
Si passa all’ora solare e di colpo le strade di città, alle cinque, piombano nell’oscurità della sera. Lungo i marciapiedi che le fiancheggiano, con luce debole di lampione, gli sguardi dei passanti puntano in avanti o ruotano di lato in corrispondenza di vetrine dei negozi. Si percorrono vie strette nei centri storici, poco irradiate dal sole, e a nessuno, noi compresi, salta in mente di lanciare un’occhiata in alto, sulle lunghe facciate umidicce e scivolose dei vecchi fabbricati: non si noterebbe alcunché, mancando di prospettiva. In uno slargo o in una piazza, però, con sufficiente profondità di campo, appaiono nella loro interezza i prospetti intorno, sia di caseggiati per condòmini sia di edifici per uffici. Che cosa mostrano, tanto da soffermarci nel guardarli? Niente di straordinario, ben inteso, niente che faccia oltremodo sorprendere pedoni i quali, presi da comuni incombenze quotidiane, proseguono normalmente per i loro percorsi. Mentre noi restiamo a ciondolare attirati dalle finestre. Oggetto di osservazione sono infatti le aperture sui muri da cui penetra luce naturale di giorno e fuoriesce chiarore, più o meno intenso, di luce artificiale di sera. Da un pezzo ormai, già prima che fronteggiassimo la contingenza della crisi energetica, il chiarore di luce elettrica fuoriesce raramente: le finestre, in gran parte, restano sbarrate e buie sulle facciate degli edifici. Stentiamo a immaginare, in un mese spento come novembre, coloro che ci abitano chiudersi la porta alle spalle per straripare in strada; d’altronde chi ci lavora sarà pur tornato in ufficio dopo circa tre anni di blocco pandemico.
La realtà è che le palazzine multipiano per abitazione si svuotano di residenti; gli imponenti palazzi pubblici in carparo e marmo istituiti per attività di servizi, nei quali un tempo erano concentrate molteplici mansioni, chiudono, frazionandosi e ramificandosi in ufficietti; le scuole, i teatri, le palestre, i mercati, perfino i luoghi di culto, abbandonano le sedi di originaria destinazione d’uso: nell’insieme, si insediano in aree d’espansione. Aree urbane di recente lottizzazione, ampie e meno trafficate, dove è agevole circolare coi mezzi privati e beneficiare con facilità di parcheggi. Il centro di una media città di provincia, con l’intero patrimonio edilizio che contiene, magari rilevante dal punto di vista architettonico, è stato rinnovato strutturalmente e rivoltato come un calzino delle funzioni preesistenti; infine restituito, nello specifico, alla disponibilità di clientele abbienti per soggiorni temporanei, specie durante le stagioni dal clima favorevole. Nel resto dell’anno è guscio vuoto, quasi un mortorio (tranne a Natale). Che riprende ad animarsi.
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