Accertare la fondatezza della notizia non è facile. Anche considerando la fonte, il quotidiano saudita Al Sharq al Awsat, apertamente ostile alla Siria e sempre pronto a metterla in cattiva luce. Ciò nonostante il presunto scoop è degno di attenzione. Israele, scrive il giornale, comprerà o avrebbe già comprato centinaia di migliaia di dosi del vaccino Sputnik per mandarle in Siria via Russia. E lo avrebbe fatto in cambio della liberazione, mediata da Mosca e avvenuta a metà settimana, di una 25enne israeliana – fuggita dalla comunità religiosa ultraortodossa dell’insediamento coloniale di Modiin Illit – arrestata per essere entrata illegalmente il 2 febbraio in territorio siriano. Damasco ha già smentito ufficialmente. Sono «notizie fabbricate» per «diffamare» la Siria e far apparire Israele come uno Stato con una funzione «umanitaria» nella regione, afferma un comunicato del governo diffuso dall’agenzia Sana. La smentita non ha frenato i media israeliani dal riferire la notizia con una evidenza eccezionale. Ynetnews parla di milioni di dollari spesi per l’acquisto dei vaccini destinati a Damasco. E anche Haaretz sembra dare credito a quanto scrive il giornale saudita.

Il fatto che una parte dell’intesa di qualche giorno fa sia stata secretata dalle autorità israeliane alimenta il sospetto che ci sia qualcosa di più rispetto al modesto scambio di prigionieri avvenuto tra i due paesi. Non sembra plausibile che la Siria, presa di mira dai cacciabombardieri israeliani e tenuta sotto pressione dalle sanzioni approvate l’anno scorso dall’Amministrazione Trump, si sia accontentata della liberazione di due pastori sconfinati in Israele e della revoca degli arresti domiciliari per un’attivista drusa nel Golan occupato. Così come è improbabile che la Russia di Vladimir Putin – alleata di Bashar Assad ma anche amica del premier israeliano Netanyahu – si sia impegnata per così poco.

Tra le ipotesi più gettonate c’è quella che vorrebbe Mosca impegnata dietro le quinte a cucire il primo lembo di un dialogo a distanza tra Tel Aviv e Damasco, con l’intento di rafforzare la sua posizione di player principale nella regione e di ridimensionare il peso e la presenza iraniana in Siria. Il mese scorso il settimanale The Arab Weekly aveva riferito di un incontro segreto siro-israeliano nella base russa di Hmeimim vicino alla città costiera di Latakia. Un faccia a faccia – smentito dai siriani – volto a discutere le condizioni per la cessazione dei bombardamenti aerei israeliani contro presunti obiettivi iraniani in Siria. Un’altra ipotesi vede nel rilascio della donna israeliana un segnale inviato da Bashar Assad non tanto al nemico Netanyahu quanto a Joe Biden. A Damasco si teme che la muova Amministrazione scelga una posizione ancora più dura contro la Siria per compensare agli occhi di Israele e dei suoi alleati arabi la linea moderata che intende adottare con l’Iran. Qualcuno non manca di ricordare che lo scorso ottobre, in un’intervista all’agenzia Rossiya Segodnya, Bashar Assad non escluse categoricamente un accordo con Israele e, in riferimento al Golan, ricordò che la linea siriana è «molto chiara dall’inizio dei colloqui (con Israele) negli anni Novanta, quando abbiamo detto che la pace per la Siria riguarda i diritti. Il nostro diritto è la nostra terra. Possiamo avere rapporti normali con Israele solo quando avremo indietro la nostra terra. È molto semplice».

Per l’analista Mouin Rabbani non si deve correre troppo con l’immaginazione. «Dietro lo scambio di prigionieri dell’altro giorno e la storia tutta da verificare dei vaccini russi comprati da Israele per la Siria, probabilmente c’è poco» diceva ieri al manifesto. «Che Mosca voglia contenere la presenza dell’Iran in Siria per limitare l’aggressività di Israele – ha proseguito – è noto da tempo ma che punti all’uscita totale delle forze di Tehran (dalla Siria) è inverosimile. L’Iran è un buon alleato della Russia e, in ogni caso, non ha alcuna intenzione di ritirare i suoi uomini dalla Siria. Quanto a Bashar Assad ha bisogno dell’aiuto economico e militare degli iraniani però, non c’è dubbio, vedrebbe con molto favore l’allentamento della tensione con Israele».